L’analisi e la valutazione di un sigaro.
In questo scritto cercheremo di trattare un argomento piuttosto complesso, sperando di riuscire a farlo in modo semplice, ma non semplicistico.
Qualche tempo fa abbiamo discusso del valore delle preferenze soggettive riguardo al tabacco in generale: oggi proseguiremo in questa direzione, incentrando il discorso sulla valutazione di un sigaro.
Ebbene, partiamo col dire che riteniamo si possano individuare due momenti logici, ma non necessariamente cronologici, del processo valutativo: una fase di analisi e una fase di valutazione in senso stretto.
L’analisi, letteralmente, è la scomposizione di un oggetto nei suoi elementi costituenti, seguita da una descrizione di detti elementi e della relazione che intercorre tra loro.
Nel nostro caso, il momento analitico comprende un’analisi meccanica del sigaro e un’analisi organolettica del fumo.
La prima riguarda il sigaro come manufatto e prende in considerazione la sua forma, la costruzione, gli odori e, in generale, tutte le caratteristiche rinvenibili a crudo, ma anche quelle inerenti la fruizione post accensione (ad es. tiraggio e combustione).
L’analisi organolettica, invece, ha come oggetto il fumo più che il sigaro: dunque si procederà ad individuare, in fumata, sapori e aromi, corpo, intensità, forza, evoluzione, ecc. Portando avanti queste analisi, si andrà via via a delineare una descrizione del manufatto e della sua resa in fumata. Questa descrizione, in sé, non ha alcuna connotazione valutativa, bensì è neutra.
Può essere considerata oggettiva?
In una certa misura sì, pur con un grado di approssimazione: un palato educato dovrà essere in grado di scindere i dati sensibili grezzi dalle componenti soggettive (emotive o fisiologiche) che possono influenzarne la percezione.
Va da sé che più il degustatore è esperto e capace più la sua analisi sarà vicina all’oggettività, pur senza mai raggiungerla in assoluto.
Ebbene, già mentre si delinea questa descrizione neutra, entra in gioco la valutazione: un momento, tuttavia, logicamente successivo rispetto all’analisi precedentemente descritta.
La valutazione di un sigaro è un vero e proprio giudizio di valore, alle volte seguito da un voto: si tratta, in sostanza, di interpretare i dati raccolti.
È a questo punto che occorre sottolineare l’importanza della prospettiva, del punto di vista del fumatore.
Tralasciando il giudizio di preferenza personale (mi piace/non mi piace), infatti, il giudizio di valore sarà inevitabilmente influenzato dalla prospettiva assunta. In altre parole, a seconda dell’oggetto cui determinate caratteristiche fanno capo, questo potrà essere promosso e ricevere una valutazione positiva, oppure bocciato con una valutazione negativa.
Facciamo un esempio che renda l’idea: immaginiamo di mangiare, bendati o al buio, una pasta lievitata che percepiamo come croccante e dolce. Il dato grezzo è che, appunto, quella pasta è croccante e dolce (analisi) e potrà piacerci o meno (de gustibus, come abbiamo visto). Ebbene, la susseguente valutazione dipenderà da quel che stavamo mangiando, dato in base al quale muterà la nostra prospettiva: se, una volta rimossa la benda, scopriremo che abbiamo mangiato la base di una pizza, infatti, la nostra valutazione sarà negativa, perché questa non dovrebbe essere né croccante né dolce.
Se, invece, scopriremo che abbiamo mangiato la base di una crostata, la valutazione dovrà essere diversa. I nostri parametri non potranno che derivare dalle nostre pregresse esperienze, in senso lato: non si può valutare qualcosa che non si conosce, anche se può piacere o non piacere.
Qualcosa di simile avviene coi sigari.
Se, quando ci troviamo a valutare un toscano, lo facciamo coi criteri coi quali valutiamo i sigari caraibici, cosa accadrà?
Per quanto la nostra analisi possa essere vicina all’oggettività e il nostro palato educato, valuteremo in modo errato perché avremo assunto una prospettiva inadeguata. D’altra parte, se valuteremo un sigaro caraibico assumendo la prospettiva dei fumatori di toscani sbaglieremo allo stesso modo.
Questa esemplificazione non tiene conto di molte altre variabili, ma speriamo possa rendere l’idea.
Sottolineiamo ancora il valore dell’esperienza: più vasta sarà la nostra conoscenza di un determinato campo, più affinati e numerosi saranno i parametri di cui potremo tenere conto per la nostra valutazione.
In conclusione, se l’analisi può avvicinarsi all’oggettività, non esiste una valutazione oggettiva, né un metro di giudizio che valga in assoluto per tutti i sigari: un certo grado di amaro, normale in un toscano, potrà ad esempio essere un difetto se rinvenuto in un caraibico e la capacità di valutarlo come tale dipenderà dal nostro grado di esperienza, da quanti sigari abbiamo fumato e da come li abbiamo approcciati.
D’altro canto, ci sono macchinari in grado di analizzare gli aromi presenti nel fumo, ma questi non sono in grado di formulare giudizi di valore, giacché raccogliere i dati è una cosa, interpretarli e valutarli è un’altra.
In ogni caso, crediamo sia palese che non si possa liquidare la questione con un semplice de gustibus.
“Esiste soltanto un vedere prospettico, soltanto un conoscere prospettico; e quanti più differenti occhi sappiamo impegnare in noi per questa stessa cosa, tanto più completa sarà la nostra obiettività”
Friedrich Nietzsche