Ampelio Pizzato
Nel 2012, il Doge, primo sigaro della Nostrano del Brenta, fu presentato ufficialmente ai fumatori italiani. In un articolo del Giornale di Vicenza, datato 14 Novembre, leggiamo che «nella sede del Consorzio, a Campese, è stata inaugurata la nuova filiera produttiva. Alla cerimonia hanno presenziato, accanto al presidente del Consorzio, l’avv. Sergio Martinelli, il presidente del Consiglio regionale, Clodovaldo Ruffato, l’assessore regionale Roberto Ciambetti, l’europarlamentare Sergio Berlato, il sindaco Stefano Cimatti e il responsabile del Gruppo Maccaferri, per il settore della manifattura tabacchi, Pietro Tamburini». In quell’occasione, Martinelli definì il Doge come il «primo sigaro di una famiglia che nel tempo andrà a completarsi, risultato di un progetto partito sette anni fa dall’intuizione del nostro compianto e mai dimenticato direttore Ampelio Pizzato». Il nome di Ampelio Pizzato, oggi sconosciuto a gran parte dei fumatori, era forse un poco più noto qualche anno fa. Di questi sigari, infatti, si andava mormorando già da almeno quattro anni a seguito di un articolo del 2008, apparso su La Stampa il 6 marzo.
Ebbene, in quel pezzo era proprio Ampelio PIzzato, presidente del Consorzio Tabacchicoltori Montegrappa, a parlare di questo progetto, un suo progetto, come avrebbe ricordato Martinelli anni dopo. Ma per quale motivo abbiamo dovuto aspettare tanto per vederli sugli scaffali? Stando a quanto lo stesso Pizzato dichiarava, serviva «un investimento da 3 milioni di euro per poter far fronte alla richiesta che le nostre indagini di mercato hanno previsto, ma non vogliamo cedere il marchio, perché il nostro obiettivo è contribuire all’economia di questa valle e soprattutto salvare una storia». Questione di soldi, sembrerebbe. Ebbene, il padre del Nostrano del Brenta è morto nel 2010 dopo un lungo male senza vedere i suoi sigari sugli scaffali.
Ma la storia è andata avanti…
Se, già nel 2008, Pizzato parlava di «segnali di interesse dal gruppo Maccaferri, che produce il Toscano, con offerte di consulenza tecnica», il 3 luglio del 2012 le agenzie di stampa batterono la notizia: «è stato siglato oggi l’Accordo Quadro tra il Consorzio Tabacchicoltori Montegrappa di Bassano del Grappa, Castelfranco Veneto e Noventa Vicentina (CTMG) e Manifatture Sigaro Toscano (MST) a Palazzo Ferro-Fini, sede del Consiglio Regionale Veneto». L’accordo con MST diede il via alla commercializzazione dei Nostrano del Brenta e oggi, cinque anni dopo, le referenze si sono moltiplicate. Tuttavia di Ampelio Pizzato si è pressoché persa la memoria e, a parere di chi scrive, questo è un peccato. Per la stesura di questo articolo, il cui obiettivo è far conoscere questo protagonista della storia recente del sigaro italiano, abbiamo contattato Vanessa Pizzato, figlia di Ampelio, che ci ha fornito un ritratto di quest’uomo che tanto si è speso per questo progetto.
Ampelio nacque nel 1953 a Bassano del Grappa, ultimo di 18 figli, ed è cresciuto a Rubbio, piccolo paese dell’altopiano, fino all’età di sei anni, quando i suoi genitori, ormai anziani, decisero di mandarlo in collegio per fornirgli un’istruzione adeguata. Nel 1975, Ampelio lasciò l’Università di Bologna per entrare nel mondo del lavoro, trovando impiego presso il Consorzio Tabacchicoltori Montegrappa, l’inizio della sua carriera. Al tempo il presidente era l’avv. Silvestri che riconobbe ad Ampelio le qualità che sarebbero servite per far decollare l’azienda: l’intuizione di Silvestri, che gli conferì incarichi di responsabilità, si rivelò esatta e, negli anni, le quantità di tabacco lavorate dal Consorzio crebbero da 600/700 quintali a 30.000 quintali l’anno, grazie a uno sforzo economico non indifferente. Purtroppo, come in molti altri settori, a un certo punto subentrò la crisi e Vanessa ricorda i molti momenti di preoccupazione che attanagliavano il padre, ma anche i suoi sforzi per trovare soluzioni per salvare quello che lui e tutti i soci coltivatori avevano costruito negli anni. Ecco che, dopo varie consultazioni, studi e riflessioni, Ampelio Pizzato partorì l’idea di creare e commercializzare i Nostrano del Brenta, i cosiddetti “pifferi” che clandestinamente circolavano da secoli, ma che non si erano mai visti in tabaccheria. Gli sforzi di Ampelio e del Consorzio si catalizzarono in questa direzione e nel 2008, anno di pubblicazione dell’articolo de La Stampa citato, sembrava che i sigari sarebbe dovuti arrivare in breve tempo. Ma le cose andarono per le lunghe, Ampelio proprio in quel periodo si ammalò e tutto prese un’altra piega.
Vanessa dice di non sapere per quale motivo i tempi si fossero dilatati e immagina che la malattia possa avere avuto un ruolo, ma si dice sicura che suo padre sarebbe stato orgoglioso del risultato ottenuto oggi, anche se forse avrebbe preferito mantenere il fulcro della lavorazione sul territorio. Tuttavia, Vanessa ha ben chiaro che senza l’impegno di suo padre non si sarebbe nemmeno intrapreso questo percorso: un’eredità senza prezzo lasciata al mondo del tabacco.
Questo articolo è un breve omaggio ad Ampelio Pizzato, un “guerriero dal cuore buono”, un “generoso”, un amante della vita e del buon cibo, per usare le parole di sua figlia, un uomo che nutriva in cuor suo un grande senso di colpa per non aver potuto, nel momento più acuto della crisi, rinnovare il contratto a molte persone che lavoravano presso il Consorzio (quasi tutte famiglie della vallata), che ha cercato e trovato un modo per risolvere il problema. Quando il suo progetto fu approvato, Ampelio disse a sua figlia Vanessa: «mi sono ammalato per il dispiacere di aver lasciato a casa dipendenti che consideravo amici. Ora potrò richiamarli tutti».
Nel 2008, Pizzato riferiva: «a giugno avremo nei magazzini 300.000 pezzi pronti per l’uscita in tabaccheria. Intanto stiamo lavorando sui numeri: prevediamo un prezzo di 1,5 euro a sigaro e le nostre indagini di mercato dicono che entro cinque anni il fatturato potrebbe attestarsi a 8 milioni di euro. Per arrivarci cerchiamo partner che vogliano investire, ma il marchio non lo molliamo».