Dagli USA la storia centenaria dei box per sigari
Le prime confezioni risalgono al periodo della guerra di secessione
Gli Stati Uniti d’America vantano una bellissima tradizione che riguarda le scatole per i sigari, contenitori di legno e cartone che hanno rappresentato una delle prime esperienze e modelli di marketing per attrarre clienti nei confronti di questo prodotto.
Il sigaro è stato uno dei pochi prodotti a livello mondiale che ha attirato vari interessi e attività proprio legati ai tanti modi di confezionamento, azioni pubblicitarie e svariati slogan e stili.
Ora questo mondo si è circondato anche da collezionisti che sono sempre alla ricerca di box di sigari dai più antichi ai più originali perché sono esempi di come un prodotto poteva essere ben confezionato e presentato al pubblico.
Ancora oggi il modo di confezionare il sigaro è rimasto identico, sempre in scatole di legno più o meno curate e decorate dai loghi e simboli della marca del sigaro, i box devono poi garantire una buona tenuta di umidità per permettere al tabacco di “vivere” al meglio il suo periodo di imballaggio.
Il box da 25 unità è il formato standard, con i sigari disposti in due o tre file. Tuttavia il box, di forma rettangolare, tende a schiacciare i sigari ed a far perdere loro la sezione circolare. Per questo motivo è sempre più consueto il confezionamento in scatole denominate cabinet, che possono contenere 25 o anche 50 sigari, in cui però gli stessi sono conservati sciolti e non incastrati. In questi casi i sigari vengono avvolti in una semplice fascia in modo da tenerli insieme senza modificarne la forma originaria. Il cabinet è da considerarsi la forma di confezionamento “perfetta”, tanto che pare che i migliori sigari siano messi proprio in questo tipo di scatole.
Le prime scatole per sigari che possiamo definire “moderni” sono stati immessi nel mercato americano nei primi anni del 1860, nel pieno della guerra di secessione. Le disposizioni date dal governo federale è che i sigari venissero confezionati in scatole così da poter essere contati e, giustamente, tassati.
Da lì a pochi anni il sigaro diventò un prodotto popolare e richiesto.
Nel decennio successivo la domanda di mercato registrò un notevole incremento, di conseguenza aumentarono le aziende per la produzione, le grandi ditte entrarono in concorrenza tra di loro e spesso la qualità del prodotto ne risentiva. Fu allora che si cominciò a riservare maggiore attenzione al confezionamento, e alle sue potenzialità di appeal sul consumatore.
Nelle rivendite di tabacco le scatole cominciarono ad essere esposte aperte per poter far notare al cliente il prodotto contenuto, a fianco il sigaro si iniziò a far vedere anche i primi rivestimenti con marchi, loghi, slogan e grafiche accattivanti studiate appositamente per attirare l’attenzione del fumatore. Si creò un vero e proprio stile, che i marchi più famosi come Robt, Burns, Pippins, Papoose, mantennero fino agli anni Trenta del XX secolo.
Come spessa accade in questi campi, quando c’è un interesse economico anche la legislazione si muove, in materia dei prodotti le regole erano ben precise: i sigari dovevano essere confezionati in scatole di legno rettangolari da 25, 50, 100, fino a 250 o 500 sigari, e sulle confezioni era d’obbligo l’identificazione del produttore e l’avvertenza sull’uso esclusivo e specifico della scatola che non poteva essere riusata.
Nel 1878 la legge permise più varietà di scatole, i sigari potevano essere venduti in scatole di ogni forma e materiale, purché venisse sempre rispettato il numero stabilito di sigari contenuti e sempre esposto il contrassegno governativo.
In tempi recenti fece mostra di sé, sul mercato, ogni genere di scatola, da quelle a forma di libro (tra le più popolari, quelle ispirate alle festività natalizie) a quelle a forma di bottiglia, di scatole da gioco, di barilotto, o ancora di tronchi o rami d’albero. Una tra le confezioni più apprezzate dai consumatori era il piccolo ciocco di legno, in voga fino agli anni ’30 e la sola rimasta in quegli anni a competere con la crescente popolarità della sigaretta, venduta in pacchetti da 5 o 10 cents.
Priva di etichetta a causa della rugosità e asperità della sua superficie, si distingueva per l’imprinting del marchio direttamente sul legno, per le cerniere in ottone sulle quali ruotava il coperchio e per la fibbia di chiusura.
La rapida ascesa di consumo delle sigarette fece anche sì che intorno la fine del XIX secolo furono introdotti nel mercato anche i primi sigari formato “bionda”, confezionati come se fossero sigarette, in sottili pacchetti di cartoncino…
Ma i sigari continuavano comunque a tenere bene il mercato, e si rendeva sempre più necessaria, nell’ottica dei controlli dei costi di produzione, la ricerca di un sistema più economico di confezionamento. E dalle scatole in legno a quelle in latta, cubiche o cilindriche, il passo fu breve. Il primato di questa produzione va alla ditta Vogel di Brooklyn, la quale iniziò a fabbricare su larga scala barattoli in latta decorati per i produttori di sigari di Binghamton (NY).
Le varie scatole a tema sportivo di Vogel divennero un must immediato tra i consumatori, e primizie per i collezionisti oggi.
Anche la tecnologia è entrata nel settore di packing dei sigari e ora è possibile la riproduzione di fotografie che sostituiscono i disegni e decorazioni.
Le vanity labels (così i collezionisti chiamano queste particolari etichette, considerate vere e proprie rarità) riproducono per lo più gli stessi fabbricanti di sigari, animali domestici, paesaggi, bande musicali, squadre sportive, solo per citare alcuni dei soggetti di una gamma assai ampia. Produzione apposita anche per i sigari piccoli: nei primissimi decenni del ‘900 fecero la loro comparsa i cosiddetti pocket pack e i flat ten, comode confezioni in latta da 10, rimaste in auge fino agli anni ’50. Anche per loro, grande apprezzamento da parte dei collezionisti.