Dall’Inghilterra e dalle Fiandre si importavano insieme alle varie qualità di tabacco anche le clay tobacco pipes, le cosiddette “pipe di gesso” dal caratteristico colore bianco dell’impasto ceramico.
I fabbricanti inglesi usavano siglare tali pipe con le iniziali WM, ma questo marchio fu poi imitato e usato anche per la produzione veneta locale, accompagnato spesso dal leone di S.Marco. Il leone marciano, ricavato da una moneta veneziana, fu ad esempio marchio di fabbrica di Severino Meydel che nella seconda metà del 1700 produsse ad Oriago, sul Brenta, nella terraferma veneziana, pipe alla maniera d’Inghilterra e d’Olanda, probabilmente usando stampi di fabbricazione inglese.
In Laguna, e nell’isola del Lazzaretto Nuovo in particolare, sono frequenti anche i ritrovamenti di pipe turche o meglio di foggia orientale, comprese le pipe bulgare di Varna la cui fabbricazione fu a lungo influenzata dalla dominazione turca (foto 1). Le principali caratteristiche di queste pipe, che giungevano con le navi dal Levante, sono in genere il colore rosso, con rivestimento “a terra sigillata”, il fornello con base larga, a forma di bulbo o di fiore, il portacanna molto pronunciato, spesso con decorazioni a rotella e un unico foro tra fornello e portacanna.
Pipe austriache, assieme a pipe ungheresi-slovacche, testimoniano invece la presenza delle truppe di occupazione durante l’800. Sono documentate anche altre provenienze, ad esempio dal Padovano e dalla Francia.
Altre pipe in terracotta che si ritrovano in gran numero in Laguna sono le pipe chioggiotte.
Pare che già dalla metà del 1600 la produzione di pipe in terracotta fosse avviata a Chioggia, come documentato sia da fonti d’archivio che da numerosi ritrovamenti di scarti di fornace, mentre risulta totalmente assente la produzione di pipe tra i “boccaleri” veneziani.
Quella chioggiotta è stata una produzione importante, durata più di tre secoli, con centinaia di modelli e varianti, suddivisa cronologicamente in tre periodi principali: un primo durato fino alla metà del 1700, con forme semplici, in terra rossa; un secondo che dura circa un secolo, con modelli più elaborati, forme ingrossate a botticella, generalmente in terra rossa, anche smaltate; e un terzo periodo che arriva fino alla fine della II guerra mondiale con forme ricche di sovrastrutture, volute floreali, figure simboliche, che hanno una tipica colorazione giallo-avorio ottenuta usando argilla trattata con il sale.
Caratteristiche fondamentali delle pipe di Chioggia sono tre fori, anziché uno, tra il fornello e il tubicino portacanna, ed inoltre l’assenza pressocchè costante del marchio (presente invece in altre produzioni come quelle di Bassano e Mazzorno sul Po).
La fabbricazione della pipa chioggiotta avveniva generalmente a mano: il pipàro con tecniche tramandate di padre in figlio modellava l’argilla con stampi in piombo entro tavolette di legno. L’argilla veniva scavata sui greti del Po e con barche fluviali (burchi) portata a Chioggia e quindi depurata. La lavorazione era rapida: posata l’argilla nello stampo, tenuto fermo con una mano, con l’altra si inserivano i due perni per ricavare il fornello e il foro portacanna. Tolta la pipa dallo stampo, la si faceva asciugare, si praticavano i fori alla base del fornello e si eliminavano le sbavature. Quindi si passava alla fase più difficile, la cottura su appositi supporti, in un forno che poteva contenere ogni volta migliaia di pipe.
Per fumare, come testimoniato in molte raffigurazioni di pescatori su bragozzi o intenti a rammendare le reti, si usavano come cannelli, rametti forati di marasca o marinella, ciliegio ancora presente allo stato semi-spontaneo lungo i litorali veneti, che donavano un effetto aromatico al fumo.
Per accendere il fuoco, si utilizzavano acciarini in ferro, ma solo i ricchi disponevano di strumenti efficaci, paragonabili ai moderni accendini, ottenuti perfezionando il meccanismo delle armi da fuoco.
Generalmente si usavano acciarini in ferro che, per ottenere le scintille, venivano sfregati con pietre focaie cioè selci, in genere provenienti dall’altopiano veronese dei Lessini, che, anch’esse, costituiscono, assieme alle pipe storiche in terracotta, frequenti rinvenimenti nel territorio lagunare.