Qualcosa di più del turismo, di una degustazione, di una poesia. Qualcosa di più…
La Rocca di Offida è ben conservata.
Puoi farci il giro intorno eppoi entrare in piazza passando sotto i portici, guardando gli scorci stupendi della collina e dei monti sullo sfondo, scrutando i negozi di merletti (l’arte locale) e i vini e gli olii.
In questo centro ci sono ancora molte tradizioni, come quelle de “Lu Bove Fint” e de li “Vlurd”. Si respira una bell’aria.
Eravamo una sessantina ieri, amici di sempre e amici nuovi. Ragazzi, giovani, adulti, famiglie dai nonni ai nipoti. Tutti insieme. E non è poco. Proprio no!
Una sessantina, che ha risposto alla chiamata del Club di Papillon Marche Sud per una “gita fuori porta”, piena di tutto, dove tutto c’entra.
C’entra il luogo suggestivo, con l’incasato medievale, i merli guelfi (Offida era amica di Fermo, ci dice la fantastica “guida”), le loggette originali.
C’entra il miracolo di Lanciano portato ad Offida. La giovane Ricciarella che cuoce un’ostia sacra su di un coppo e ne vede colare il sangue, avvolge ogni cosa in un telo ed ancora oggi dopo 8 secoli, nella chiesa di sant’Agostino, dopo quindici giri di altrettante chiavi, si può ammirare la tovaglia insanguinata, il coppo e, nel reliquiario di fattura veneziana, i frammenti dell’ostia sacra..
C’entra con l’immaginabile e stupenda santa Maria della Rocca. La edificarono su di uno spuntone di roccia i benedettini-farfensi, è a due piani. Quello sottostante è una cripta bassa, avvolgente, quello sovrastante è uno slancio verso il cielo.
Se nella chiesa di sant’Agostino non si poteva non leggere un brano del santo d’Ippona “Tu eri dentro di me”, qui, in una chiesa benedettina, non si poteva non parlare di Hermann. Figlio dei conti Altshausen, nacque deforme nel 1010, doveva morire, quel mostriciattolo non poteva essere presentato a corte. I genitori erano cristiani, scelsero la strada apparentemente più dura: lo affidarono al monastero di Reichenau, sul lago di Costanza. Divenne lo stupore del mondo. Scienziato, filosofo, teologo, consigliò imperatori e papi. E scrisse e compose – grande musicista – il Salve Regina. E proprio il Salve Regina è sgorgato improvviso, prima da Luca, che fa l’avvocato, eppoi risuonato sotto le volte romanico-gotiche del tempio di Offida. I sessanta hanno cantato all’unisono, nemmeno si fossero preparati da tempo. I turisti si sono fermati. L’istante è stato denso di significato.
Santa Maria ebbe il suo miracolo. Nel 1944 i tedeschi minarono la scarpata per impedire alle truppe alleate di passare agilmente la strada sottostante. Le mine non scoppiarono. Neppure una. Miracolo, appunto.
Tutto c’entra, dunque. Anche il successivo pranzo al Picchio, legato alla cantina Ciù Ciù, con un menù squisito, con l’allegria della combriccola, con le canzoni di Silvia, Elisa, Stefania, Lucia. Una festa piena, che nulla esclude. Neppure la fumata di sigari e pipe, con il tabacco fatto in casa da Daniele, quello del sito gustotabacco.it.
Neppure gli occhi lucidi di chi ha visto qualcosa di diverso dal consueto.
Pio Mattioli, il governatore del Club, saluta e ringrazia. Le sue “vallette”, Sara e Francesca, hanno fatto un gran lavoro. E’ una bella soddisfazione. Grazie a Dio. Che c’entra con tutto. Oggi, come ieri. Come sempre.
Torna la poesia di Davide Rondoni letta all’inizio della giornata: “…ma tu mi sorprendi, tu solo ormai ci riesci e senza artificio o clowneria, perché, mentre è venuto il tempo, il tempo delle cose cieche, mi guardi come se ti ricordassi di me”.
Mi sorprendi e Mi stupisci.