Le memorie impertinenti di Simon Gray

In libreria l’ultima raccolta di ricordi del grande “uomo di teatro” inglese.

“Nel mio caso è molto probabile che giaccia nella tomba perché nella mia mano sinistra, tenuta tra l’indice e il medio nella classica presa del fumatore, c’è una sigaretta. Ma naturalmente fumo con la destra quando non è occupata dalla penna. Dunque mi sto uccidendo con entrambe le mani, anche se, sono lieto di poterlo dire, non contemporaneamente…”.

Questa, è la citazione riportata nella quarta di copertina del libro “Senza filtri” di Simon Gray, uno dei più popolari e famosi autori inglesi di teatro (dei suoi lavori fu spesso regista HaroldPinter), racconti, romanzi, sceneggiature e libri di memorie, dei quali “Senza filtri” è l’ultimo da lui scritto prima della sua scomparsa, avvenuta nell’agosto del 2008. Gray è stato talmente importante nel panorama culturale d’Inghilterra che negli anni ’80 la casa editrice Faber and Faber gli chiese di tenere un diario pubblico, un manuale di vita teatrale e di vita intellettuale nel quale fossero contenuti, come si legge nell’introduzione al libro curata da Nicola Fano, “incontri, racconti di quotidianità scenica, suggestioni di cronaca, riflessioni alte e basse”.
Si tratta di una lettura piacevolissima, intrisa di humor britannico ora sottile, ora esilarante, ora sferzante, ricca di aneddoti e ricordi calorosi degli amici più cari di Gray, tra i quali Alan Bates, Ian Mackillop e appunto Harold Pinter (scomparso soltanto quattro mesi dopo Gray). “Senza Filtri” è il racconto-diario di un fumatore, di un uomo che, nel timore delle conseguenze di quello che per lui rappresentava un piacere e non una dipendenza, esprime le proprie inquietudini. La sigaretta accompagna l’intera narrazione dei vari episodi e di essa prevale la concezione estetica che ne aveva l’autore che, come scrive Fano, “fumava anche tre pacchetti al giorno con una certa soddisfazione e con molta tenacia”. Ad essa Gray lega anche i ricordi più intimi, quelli della sua famiglia e quelli dell’infanzia, a volte dolorosi e a volte teneri. Confusi tra quelli che narrano della sua intensa attività di commediografo, interi capitoli del diario si ispirano al fumo per raccontare con tenerezza e umorismo episodi strettamente personali, come quelli legati alla propria giovinezza e alle prime sigarette inspirate. Si legge nel libro: “…nella banda fumavano tutti naturalmente. Non che avessimo il permesso di farlo, anche se non è chiaro perché no, dato che allora fumare non era considerato dannoso per la salute. Doveva essere una questione di decoro, un marchio che segnava una delle fasi della crescita, pantaloncini corti, pantaloni lunghi, sigarette. Ad ogni modo il nostro fumare era pieno dell’eccitazione della segretezza, con quel piacere profondo, cupo, avvolgente del fumo (…). Ancora oggi ci sono momenti in cui sento riaffiorare molto più del semplice ricordo dei primi tiri, delle lente fuoriuscite quando il fumo sembra riempire le narici con qualcosa che va ben oltre la semplice esperienza di per sé, e mi rammarico per le centinaia e centinaia di sigarette che non ho mai veramente percepito,
che ho inspirato e espirato senza farci caso…
”.

Buona lettura.

 

Fonte: Tutto Tabacco