La bellezza, il cibo e la fede
Sia che mangiate, sia che beviate.
Un vescovo, un club, il buon mangiare.
Due elementi possono pure “impastarsi”. Ma il terzo: cioè il vescovo, che c’entra? C’entra, eccome se c’entra. Specie se il monsignore è don Luigi Negri, pastore di San Marino e del Montefeltro, cervello fino, intellettuale di spessore, scrittore, docente universitario. Allora, rimettiamo i tasselli al loro posto. Il vescovo l’abbiamo presentato. Passiamo al resto. Il club è il Club di Papillon, quello creato dal giornalista e scrittore Paolo Massobrio, che, tra i primi associati, vanta proprio mons. Negri. Il mangiare è la conseguenza del Club. Per meglio dire, il buon mangiare e il buon bere sono
l’oggetto del Papillon. Lo sapete perché ne abbiamo già scritto altre volte.
Ed ecco il filo rosso che lega il tutto. Lo scorso anno Massobrio ha lanciato l’iniziativa della “tavola che non dimentica il mondo”. I soci di tutta Italia hanno organizzato a febbraio pranzi o cene il cui importo non è andato ai ristoratori (pubblici o privati) ma è stato inviato alle monache trappiste di Vitorchiano per aiutarle a costruire un monastero nei pressi di Praga. Tra i club, il “Marche Sud” di Pio Mattioli si è distinto molto. Come sempre. Quest’anno l’idea è stata riproposta il 16 febbraio scorso. Gli aiuti sono andati al monastero di Carpegna, nella diocesi di San Marino e Montefeltro, Sia che mangiate, sia che beviate. La bellezza, il cibo e la fede quella, appunto, di mons. Negri. Le monache fanno parte dell’Istituto dell’Adorazione Perpetua del SS. Sacramento. Ma come mai gli aiuti proprio ai monasteri? Paolo Massobrio lo chiarisce subito. “Dal punto di vista culturale siamo debitori verso l’esperienza monastica, che ci ha suggerito quell’attenzione al posto a tavola…”.
Non basta. “Da quella civiltà che ha ridisegnato l’agricoltura europea e anche il gusto – precisa il giornalista – è rimasto ancora oggi un punto di riferimento che ha nel richiamo dell’ascolto un valore universale…”. Ed ecco mons. Negri che entra nel merito. “Il gusto è fattore eminente della bellezza… La cultura è la coscienza critica e sistematica dell’esistenza umana; ed esistenza umana è anche quando uno mangia, esistenza umana è anche quando uno piange o ride, o pensa”.
Contestando l’uomo ridotto a compartimenti stagni, il vescovo di San Marino ricorda una massima di San Tommaso D’Aquino: “Idem est hic homo, qui edit, bibit et quaerit deum”, cioè “lo stesso uomo è quest’uomo che mangia, beve, vive, veste panni e pensa a Dio”. L’uomo integrale insomma, l’uomo che non censura nulla, che vive ogni aspetto. Allora, una tavola ben apparecchiata o un piatto ben cucinato hanno a che fare con la bellezza nella sua unità.
C’è una parola che mons. Negri ripete spesso: educazione. “Le buone maniere – spiega – non si imparano in astratto, a cucinare non si impara in astratto… l’educazione di tutta la vita è legata al fare”. Al “fare per capire”, come diceva il suo maestro don Luigi Giussani. Perché a tavola uniamo tutto.
E guardiamo in alto.
Ringraziando.
O tornando a ringraziare.