Di Monte San Giusto, paese del Maceratese ma dell’arcidiocesi fermana, si possono raccontare tre cose. La prima: la stupenda Crocefissione opera del pittore Lorenzo Lotto; la seconda: il palazzo del vescovo Nicolò Bonafede, che fu il committente della pala d’altare. La terza: La pasta di Aldo, la famosa pasta rinomata in Europa.
Abbiamo rivisitato questi tre elementi e quel che n’è uscito è il racconto qui sotto.
“Oh, chi si vede! Signor Lorenzo Lotto, è proprio lei! Mi fa piacere incontrarla di nuovo. La trovo molto bene: ha una bella cera ed è anche un po’ ingrassato”.
“Eccellenza, il piacere è tutto mio. È un pezzo che non ci si vedeva”.
“Esattamente: cinque secoli. Ma sa, quassù siamo talmente numerosi, che il tempo vola tra un saluto ed una chiacchierata. Vedo comunque che continua a dipingere. Dipinge sempre da Dio”.
“Ssss. Non lo dica così forte, non sta bene… Però, è vero, ho continuato la mia passione”.
“Lo sa, signor Lotto, che ogni tanto mi sposto sull’Adriatico e guardo giù. Non è facile rintracciare Monte San Giusto. Ormai di case ne hanno costruite talmente tante che ci si raccapezza male. Quando però metto a fuoco, cerco subito il mio vecchio palazzo eppoi, pian piano, sposto gli occhi verso piazza, ed ecco: il campanile di Santa Maria in Telusiano. In quella chiesa, maestro, lei ha dipinto la più bella pala d’altare”.
“Che anni! signor Vescovo, che tempi! Roma guardava Raffaello, Venezia chiedeva Tiziano, ed io, solo, senza casa, senza soldi, senza amici potenti girovagavo per l’Italia, a volte anche affamato. Poi lei…”.
“Poi, io la chiamai, e le dissi di dipingermi una Crocefissione. Grande, una grande pala d’altare per la mia chiesa”.
“Ricordo molto bene, caro vescovo Nicolò Bonafede. Lei mi pregò anche di inserire nella scena i suoi famigliari: suo figlio Cammillo, suo nipote Fortunato, suo fratello Piermatteo, le donne di casa, i suoi capitani Girolamo Brancadoro, Carlo di Offida, Nicolizzo da Santelpidio, la sua amata Luchina Brunforte. Ed anche il suo avversario Lodovico Euffreducci”.
“Caro Lorenzo, quassù non abbiamo più avversari… Certo però che il compenso non fu da poco: 100 fiorini, se non ricordo male, e una certa quantità di olio di olive ascolane”.
“Gliel’ho detto: non me la passavo bene. Eppoi, il lavoro fu lungo e difficile. Mi resta solo un rammarico”.
“Un rammarico… ancora, e in questo luogo?”.
“Vede, Eccellenza, proprio quassù hanno aperto numerosi locali tipici. E, prima di assaggiare tutte le loro bontà, ce ne vuole di tempo. Da un anno però ho scovato un ristorantino che propone una pasta… e qui ci vuole proprio l’aggettivo ‘da Dio’. Così sono diventato un cliente fisso: pranzo e cena. Sono affezionatissimo. E che ti scopro l’altro giorno? Che la pasta arriva – lei non ci crederà – proprio da Monte San Giusto, dal suo paese, dal paese della pala. E ne ho scoperto anche il marchio. La Pasta di ALDO, si chiama. Capito? P-A-S-T-A di A-L-D-O. Ai nostri tempi non esisteva, sennò altro che olio di olive ascolane le chiedevo!
Però ora – badi bene – sto recuperando il tempo perduto – l’ha detto anche lei che ho una bella cera. Non solo: l’ho anche suggerita a chi di dovere. Lui l’ha voluta provare e già alla seconda forchettata ha giurato: la Pasta di ALDO sarà su tutte le mense… del Paradiso”.
“Venga, maestro, su andiamo, facciamo presto, oggi pranziamo insieme. Dov’è quel locale?”.