Oggi vi proponiamo l’intervista esclusiva a Claudio Sgroi, socio della Mombacho Cigar del Nicaragua. Abbiamo avuto l’occasione di conoscerlo personalmente alla cena organizzata dal CivitHabana all’inizio di questo 2013. L’evento è stato molto bello, interessante e abbiamo parlato molto dei suoi sigari, ora voglio farvi conoscere meglio Claudio e la sua fantastica storia.
Ciao Claudio! Quando ci siamo presentati mi hai accennato velocemente che te, prima di iniziare l’avventura con i sigari Mombacho, eri un manager della Davidoff, ma ancor prima eri un insegnate. Raccontaci tutto il tuo percorso professionale!
Il mio percorso professionale inizia esattamente il 18 maggio del 2001. Prima di trasferirmi in Repubblica Dominicana nell’agosto del 2000, avevo già vissuto 2 anni in Francia, dopo la Francia ho trascorso lunghi periodi in Turchia, in questi due paesi avevo fatto dei lavoretti per mantenermi ma cominciavo già a dare lezioni di italiano e cominciavo con le traduzioni. Quando si presenta l’opportunità di andare in Rep. Dominicana, per me paese completamente sconosciuto, li comincio proprio come professore di italiano in una scuola di lingua e continuo con le traduzioni ma anche come interprete quando un giorno mi chiama una certa Olga che mi chiede di tradurre una conferenza sul tabacco dallo spagnolo-francese-inglese all’italiano, quel 18 maggio fu il giorno in cui il primo gruppo di tabaccai italiani fu invitato a visitare le piantagioni e le fabbriche Davidoff, quello fu il mio primo passo nel mondo dei sigari, premettendo che non fumavo sigari, avevo 24 anni ed ero completamente lontano da tutto quello che poteva girare intorno i sigari. Dopo quella settimana più che innamorarmi o subire il famoso colpo di fulmine credo che è stata una rivelazione tracciando la mia vocazione verso i sigari fatti a mano. Ne sono rimasto tanto colpito che cercai subito un lavoro nel tabacco, lasciando la scuola di italiano e dedicandomi 100% ai sigari. Infatti mi sono occupato per lungo tempo di ricevere i diversi gruppi di invitati, ma ricordo soprattutto i giorni passati con “Peralta” l’agronomo Davidoff e soprattutto Henky Kelner il Master of Tobacco della Davidoff. Giorni meravigliosi che mi portarono ad essere tra il fine 2002 e il 2003 il responsabile delle vendite Davidoff per la Repubblica Dominicana, incarico che ho coperto fino alla primavera di quell’anno, infatti nell’estate lascio il paese e dopo un passaggio di qualche mese a Strasburgo mi trasferisco a Ginevra dove comincio a lavorare nella boutique Davidoff di Rue de Rive, la mecca dei sigari. Comincio come assitente vendite e responsabile del reparto sigarette e sigari fatti a macchina ma dopo solo due mesi mi danno la responsabilità del reparto sigari fatti a mano. Un’esperienza indimenticabile, consiglio tutti e ripeto tutti di passare almeno una volta nella vita dalla boutique Davidoff, si sente ancora la presenza di Zino Davidoff, persona che lavorò in quel negozio fino a qualche giorno prima della sua morte. Nel gennaio del 2006 la casa madre mi offre una posizione in Italia, lavorando all’interno della International Tobacco Agency nonchè distributore esclusivo dei marchi Oettinger-Davidoff per tutta l’italia, marzo 2006 mi trasferisco a Treviso e comincio la mia avventura nel bel paese come Brand Manager Davidoff per l’Italia, dove il mio compito non era solo quello di curare i contatti con la casa madre ma anche quello di implementare e curare la cultura su tutti i marchi che venivano distrbuiti in Italia. Ma la mia sete di ingrandire i miei orizzonti mi portano a lasciare l’Italia nel 2009 e trasferirmi a Miami dove comincio a lavorare con diverse marche locali, nel 2010 con una fabbricata in Honduras, nel 2011 con una di provenienza nicaraguense e nella seconda metà del 2011 comincio la mia avventura da consulente. Fra agosto e settembre sviluppo tre diversi progetti, due in Repubblica Dominicana e uno in Nicaragua con la Mombacho Cigars SA. Con Mombacho le cose sono andate talmente bene che i fondatori del marchio mi propongono di lavorare al 100% con loro e di entrare in società gettando le basi per il futuro di questa marca. Oggi vivo in Nicaragua, a Granada e non sono solo socio dalle Mamobacho ma anche il Master blender e Direttore delle Operazioni di questa fantastica fabbrica.
Lasciare un lavoro certo per seguire una forte passione, e poi ancora abbandonare un lavoro fatto di passione arrivato ai massimi livelli per ricominciare da capo un’avventura senza sapere dove saresti arrivato… non è da tutti. In queste tre fasi cosa ti ha convinto dei tuoi passi e come sei stato aiutato da chi ti è stato vicino?
Il mio motore e la mia forza è sempre stata la passione, la ricerca, la fame di sapere, la maniacale ma paziente ricerca della perfezione nei sigari. La pazienza credo che sia stato il fattore principale, ho sempre cercato di continuare il cammino che mi si è stato offerto ormai 12 anni fa, sempre investendo su me stesso e alla perenne ricerca di migliorarmi dal punto di vista tecnico e umano. Ho avuto la fortuna di conoscere delle persone di raro valore umano e di profonda conoscenza tecnica che mi hanno regalato le basi del mio futuro. Henky Kelner, che non solo è l’uomo dietro i sigari Davidoff ma anche uno dei pochi “veri” conoscitori di tabacco e sigari al mondo. Lui mi ha insegnato a conoscere ed amare il tabacco, si è sempre mostrato con me senza segreti, anzi più mi conosceva più mi insegnava l’arte dei sigari. La seconda persona che mi ha regalato l’arte di parlare e presentare un sigaro, è l’ex ambasciatore Davidoff nel mondo, ormai in pensione, persona di altri tempi che ha lavorato 30 anni a fianco di Zino Davidoff, un fuori classe ineguagliabile che oggi ricordo con molto affetto. Thomas Mathys, Direttore della Boutique Davidoff di Ginevra mi ha insegnato l’arte della vendita, persona di eleganza unica, profondo conoscitore di usi e costumi dei fumatori di tutto il mondo è stato lui che il giorno che mi ha impiegato al negozio mi disse: “Signor Sgroi lei viene dalla repubblica Dominicana dove era una tigre nella giungla, qui a Ginevra abbiamo bisogno di un leone in gabbia”, non dimenticherò mai quella frase, mi insegnò stile e perseveranza ma anche una maniera di “vendere” veramente unica. Le mie conoscenze a livello manageriale le devo a Susi, il mio referente alla Davidoff di Basilea, una donna forte dalle rare capacità organizzative, una fortuna essere passato dal suo ufficio più di una volta. In fine i miei due soci, che mi hanno ridato fiducia nel futuro e gioia di vivere nel mondo dei sigari, due bonne vivants dallo stile personalissimo. Detto questo sembra quasi che nulla venga dal mio sacco, invece si, e anche tanto. Mi sono sempre circondato di persone sagge e profondi conoscitori di sigari e tabacco, cercando di trarre il meglio da loro e traducendo con un mio stile personale.
Oggi si parla molto in Italia di “fuga dei cervelli” e di molte aziende che si trovano obbligate a trasferire le proprie produzioni all’estero. Te come ti senti in questo panorama? Credi di essere un imprenditore che è dovuto “scappare” dal proprio paese per esprimersi o pensi che essere Italiano sia un valore aggiunto per te in questo lavoro?
Sono convinto in entrambi le cose. Non sono scappato perchè sono nato con la voglia di scoprire il mondo, di viaggiare e vivere le diverse culture, conoscere le lingue e azzerare le barriere socio-culturali nelle relazioni interpersonali. I sigari si fanno in America Centrale e nei Caraibi, non avrei mai potuto fare sigari in Italia, però è vero che dopo il mio soggiorno in Italia mi ero stancato della burocrazia e delle stupide leggi che portano i fumatori di sigari ad essere visti come mostri. Sono fiero di essere italiano, non cambierò mai il mio passaporto, è vero che a volte un italiano è visto sotto una luce un po’ diversa rispetto ad altre nazionalità e non per essere provinciale ma confesso che più di essere italiano, quello che mi ha aiutato è essere siciliano.
Attualmente voi vendete in Canada e Cina, addirittura in quest ultimo paese, da una recente classifica di una rivista del settore cinese, siete il terzo sigaro più gradito. Se aveste l’occasione di commercializzare i vostri sigari anche in Europa, cambiereste il blend per avere più consensi tra i consumatori o preferireste rimanere con un vostro “marchio” di sapori che vi contraddistinguno?
Arrivare ad essere N.3 della classifica dei migliori sigari in Cina è stata una soddisfazione sbalorditiva, i cinesi hanno una cultura dei sapori, spezie, ingrediente che è anni luce lontana da quello che conosciamo noi. Sono fini degustatori e curiosi, nei seminari che do in Cina sempre mi ritrovo qualcuno che riesce a sentire aromi o stimolazioni che a volte mi rendo conto che sono veramente bravi, da qui il mio grande piacere nel vedere un Mombacho fra i migliori sigari dell’anno. I sigari Mombacho hanno uno stile unico ed un’impronta aromatica rara, diffilcimente cambierei la ricetta, la liga, costruita in sette mesi di ricerca è basata su tre cose fondamentali che rispecchiano un po’ il mio personale stile di “blending”: l’aroma, l’equilibrio e la persistenza. Gli aromi devono essere gradevoli, l’equilibrio fra sapore e forza deve essere giusto e il tutto deve essere persistente per regalare emozioni uniche al fumatore. Non nascondo che sto lavorando per portare una marca fatta da me in Italia e chissà forse anche i Mombacho.
Sembra tutto bellissimo da quello che racconti. È senza ombra di dubbio una bellissima soddisfazione fare della propria passione il proprio lavoro, ma è sempre tutto così facile? Quali sono le difficoltà che incontri quotidianamente nel lavoro?
Non è stato per niente facile!!! La mia carriera è disseminata di momenti difficili e altri complicati, raccontando la storia sembra rose e fiori, ma gettando uno sguardo al passato posso affermare che mi sono veramente fatto “le ossa”. Qualche esempio? In Repubblica Dominicana lavoravo sotto contratto locale, non sono mai riuscito ad arrivare a fine mese, giravo in lungo e in largo il paese, se fosse successo qualcosa sarebbe stato drammatico, non avevo una assicurazione internazionale, vivevo solo, non ero iscritto all’ambasciata, insomma oggi dico che sono stato un po’ incoscente. I primi tre mesi a Ginevra ho vissuto in un appartamento prestato da un’amica, non avevo soldi per l’affitto, in Italia i primi mesi sono stati durissimi cercando di capire come muovermi in un sistema di monopolio che per me era completamente nuovo. Insomma ne ho passate di cotte e di crude.
Oggi, fortunatamente, dopo 12 anni nel mondo dei sigari ho acquisito abbastanza esperienza per riuscire ad evitare certi problemi, ma di certo ogni giorno se ne presentano di nuovi. In Nicaragua il mio grande problema è stato quello di farmi conoscere nell’ambiente in modo da poter avere accesso ai migliori tabacchi del paese, non sempre si bussa ad una porta e si dice: “buongiorno mi chiamo Claudio avrei bosgno di 12 pacas di ligero”. Ho passato molto tempo ad Estelì conoscendo la gente del tabacco e facendomi conoscere, solo dopo un lungo periodo sono riuscito a creare certe relazioni che oggi mi beneficiano dei migliori tabacchi in commercio in questo paese stupendo. Ma non è stato l’unico dei problemi! Ho una maniera personale ed unica di costruire sigari, è una miscela di diverse tecniche, dominicana, cubana e nicaraguense, dalle quali ho preso il meglio e ho creato il mio modo, ebbene ho dovuto fare scuola ai miei torcedores insegnandoli questo tecnica, ci è voluto tempo, pazienza e perseveranza, ma oggi sono molto felice dei risultati.
Anche durante la cena a Civitanova Marche avevi parlato del tuo modo personale di costruire il sigaro, unendo le diverse tecniche dei torceador di Cuba, Nicaragua e Rep. Dominicana. Ce lo puoi spiegare e soprattutto farci capire perché questo tuo nuovo modo di rollare è migliore delle altre tre scuole? Da dove nasce questa esigenza inventare un nuovo modo di fare sigari?
Le grandi fabbriche seguono certi canoni industriali che le portano a standardizzare la manifattura, a usare meno scarti possibili, a perseguire il massimo profitto ai minimi costi. A Casa Mombacho le cose sono diverse, siamo una boutique del sigaro e, come tutte le boutique rinomate nel modo, hanno la propria impronta produttiva. Ho avuto modo di conoscere e toccare le diverse tecniche, ne ho capito pregi e difetti, quindi mi sono deciso di innovare in modo da ottenere un “torcido” unico che possa portare la firma Mombacho nel DNA. La prima delle tecniche usate è il “plissado” dominicano, ovvero posizionare le foglie del ripieno piegate a fisarmonica, è la migliore tecnica per avere un tiraggio perfetto. La seconda è la doppia sottofascia come usano tradizionalmente a Cuba, per me dovuta al formato della foglia che usano che è un po’ più piccolo del solito. Tutti cercano un fascia grande ma nel mio caso la “liga” funziona perfettamente con una fascia che proviene da un Habano-Criollo Seco che cresce nella valle Condega. Ha delle caratteristiche aromatiche particolari che apportano pienezza dei sapori nella liga, quindi ho deciso di usarne due. La terza è la foglia di “base”, non è altro che una foglia, in questo caso un Habano Viso Jalapa del 2010, che contiene la tripa. I nostri sigari sono “totalmente fatti a mano”, piegando le foglie a fisarmonica, la tripa si scomponeva prima di rollarla sulla sotto fascia, da qui l’esigenza di essere contenuta in un’altra foglia prima di essere rollato. La tecnica è un po’ complicata e fuori dagli schemi classici, ma i risultati sono eccezionali. Il tiro è perfetto con una leggerissima resistenza in modo da esprimere in pienezza gli aromi. Le due sottofasce mi danno una linea di combustione spessa e una cenere ben compatta, il fumo è spesso, quasi masticabile, l’evoluzione è controllata ma ben marcata nei diversi terzi, non mi sbilancio a dire che ho rivoluzionato il modo di fare sigari o ad evolvere la tecnica ma oggi posso affermare l’unicità dei nostri sigari.
Com’è una tua giornata tipo di lavoro? Come procede la giornata a casa Mombacho?
Sveglia alle 6:50, barba e doccia e alle 7:30 si comincia la giornata con caffè nero senza zucchero e il primo sigaro, per me è il migliore della giornata, la bocca, il palato è pulito e posso sentire con precisione stimolazioni, aromi e tutto quello che ho bisogno di intendere da un sigaro. Alle 8:00 comincia la produzione, quindi faccio sempre un giro per vedere su tutto è in ordine per la giornata produttiva, controllo l’umidità dei tabacchi distribuiti ai torcedores, l’umidità delle fasce, mi piace vedere tutti i tavoli puliti e in ordine prima che comincino, pulizia e ordine è primordiale per avere un risultato di grande qualità. Fumo sempre il primo sigaro che viene fuori dalla produzione per accertarmi della qualità della costruzione, dell’esattezza della liga, se si fa un errore questo si potrebbe prolungare per tutta la giornata e si rischia di buttare i sigari prodotti in un giorno. Alle 12:30 si pranza tutti insieme, siamo l’unica fabbrica al mondo ad offrire il pranzo a tutti i lavoratori, per noi è un segno di riconoscimento e un momento dove si instaura un sentimento di “famiglia” all’interno di Casa Mombacho, i nostri valori sono la famiglia, l’onestà e l’impegno per fare un sigaro di qualità. Sigaro dopo pranzo e nel pomeriggio si continua con i controlli di qualità, ogni giorno controlliamo se tutte le “chavetas” tagliano bene, tutti i sigari vengono passati attraverso il “draw master” che non è altro che la macchina che controlla il tiro dei sigari, se stiamo inscatolando mi piace vedere se le “anillas” sono poste bene, la selazione dei colori, insomma il tutto va avanti fino alle 17:30 dove i torcedores finiscono di lavorare, ma rimango ogni giorno fino alle 19:00 perchè nel retro abbiamo un lounge con piscina, c’è sempre qualcuno che viene a fumarsi un sigaro e lo accompagno parlando dei nostri manufatti e magari il tutto accompagnato da un rum ovviamente nicaraguense.
Se dovessi venire in Nicaragua, cosa mi consigli di visitare oltre a Casa Mombacho?
Casa Mombacho è situata a Granada, una città ricca di storia, consiglio sempre di addentrarsi nei vicoletti e visitare qualche casa privata, lo stile è quello spagnolo coloniale, ci sono dei gioielli di architettura. Il vulcano Mombacho offre un bel trekking con la possibilità di visitare una piantagione di caffè e fare un “coffee tasting” nel bel mezzo delle piante stesse di caffè. Uno dei miei posti preferiti si chiama “Las Isletas”! È un arcipelago di isolotti formatisi dalle eruzioni del vulcano, si trovano a pochi minuti di barca dal centro di Granada, è un’esperienza imperdibile, sembra l’Amazzonia! Spesso vado al mercato locale dove si trova di tutto e mangio il “Vigoron”, piatto tipico granadino fatto di manioca bollita condita con insalata di cappuccio e “chicharron” (cotenna fritta), vi assicuro che è eccezzionale. Il Nicaragua è un posto molto ospitale, la gente è sincera e amichevole, auguro a tutti, un giorno, di poterlo visitare, la natura è esplosiva e con piacere ho visto a fine anno scorso che nelle classifiche mondiali è una “top destination” per il 2013!
Un saluto ai nostri lettori!
Vi aspetto tutti a braccia aperte!!!!!!