Il pacchetto è cambiato
Come la forma influenza il contenuto
Ciclicamente capita: il packaging dei sigari o dei tabacchi da pipa cambia e, puntuale come un orologio, da qualche parte spunta l’illuminato di turno che trova cambiato anche il prodotto. Succede un po’ in tutti i segmenti merceologici, anche fuori dal mercato del tabacco, ma in quest’ultimo settore questo fenomeno è così virulento da meritare una riflessione semiseria. Nulla di troppo complicato, sia chiaro! In fin dei conti, noi ci occupiamo di tabacco, non di grafica né di marketing. Chiariamo anche subito che adoperare i vecchi packaging per orientarsi cronologicamente tra le epoche di produzione è una cosa assai diversa. Non è di questo aspetto che si parla qui.
Partiamo dunque da un assunto: il packaging di qualsiasi prodotto ha la sua importanza, a maggior ragione nel settore tabacco in cui è vietata ogni forma di pubblicità.
Senza addentrarci in tecnicismi, che peraltro non conosciamo, o scomodare psicologie più o meno spicciole, basti pensare che una delle misure di dissuasione dal fumo prevede, appunto, il cosiddetto “pacchetto anonimo”. Applicata in diversi paesi, questa misura talvolta coinvolge anche sigari e tabacco da pipa e prevede di sostituire i pacchetti che conosciamo con loro versioni monocromatiche totalmente ricoperte di immagini pornohorror che, in teoria, dovrebbero dissuadere i fumatori dall’acquisto. A differenza di quanto avviene da noi con le sigarette, però, lì scompaiono anche i loghi, sostituiti dal solo nome del prodotto, in carattere e formato standard uguale per tutti. Ora poniamoci una domanda semplice: se il packaging non avesse alcun valore per il cliente, le autorità si prenderebbero il disturbo di normarlo in modo così rigido? Beh, evidentemente no.
Assodato che il pacchetto ha il suo ruolo, dunque, che c’entra questo col discorso di partenza?
Facile. Se, come abbiamo visto, è vero che il contenitore influenza la percezione del contenuto, va da sé che un sigaro, una sigaretta o un tabacco estratto da un bel pacchetto potrà sembrare migliore di un sigaro, una sigaretta o un tabacco estratto da un pacchetto ricoperto di immagini disgustose e privo di qualsiasi tipicità. Migliore o peggiore non importa, in ogni caso sembrerà diverso da prima, anche se in realtà non è cambiato assolutamente niente. È questo il punto.
Ecco spiegato il motivo per cui ogni sacrosanta volta che un’azienda decide un cambio packaging spunta qualcuno che parla di cambiamenti del contenuto. In linea generale, però, questo tipo di percezione non ha alcuna base sensata: chiunque abbia anche solo lontanamente intuito come funziona la logistica di una manifattura saprà che sarebbe assai complicato far coincidere il cambiamento del contenitore col cambiamento del contenuto (basterebbe confrontare i lotti). Questo vale a maggior ragione per i sigari, che hanno tempi di lavorazione piuttosto lunghi. E poi, chiediamoci, che senso avrebbe farlo?
Perché un’azienda dovrebbe sbattersi a modificare contemporaneamente contenitore e contenuto quando, in caso di cambiamento in peggio del secondo, sarebbe meglio evitare di modificare il primo per far passare tutto inosservato?
Già, perché quando cambia il pacchetto i sigari e i tabacchi raramente vengono percepiti come migliorati! No, il prodotto peggiora, sempre, c’è del marcio in Danimarca, si stava meglio quando si stava peggio e non esistono più le mezze stagioni…
Quindi l’azienda di turno che fa?
Cambia anche il pacchetto, almeno possono accorgersene tutti.
Divertente, no?
Voi lo fareste?
Lo diciamo chiaro: queste sono fantasie irrazionali, controintuitive e piuttosto ridicole.
Un prodotto può cambiare in bene o in male, ma nel secondo caso nessuno avrebbe interesse a rendere palese la cosa facendolo coincidere con un evidente cambio di packaging.
Pensateci.