Tra luoghi più o meno accoglienti
Amici, rieccoci. Passate bene le vacanze? Io non mi lamento: un poco al mare e un poco in montagna. Ma non è che voglia raccontarvi del mio privato. Colgo invece l’occasione per rifilare un “pollice su” e un altro “giù” ad alcune situazioni che mi sono capitate. Così cominciamo ad essere cattivi. Ma anche buoni…
Cominciamo dal Rifugio del Fargno. Lo conoscete? Si trova oltre Pintura di Bolognola, guarda in faccia il monte Bove, ci tira sempre un vento boia Bene, con un gruppo di amici: giovani e adulti, ingegneri, giornalisti, impresari edìli, insegnanti, studenti universitari, dipendenti pubblici, s’è deciso, in un giorno d’agosto, di fare una scarpinata. Dal Fargno al monte Priora, passando per le creste. Quasi tre ore di cammino l’andata, un po’ meno il ritorno. Comunque, mentre tornavamo la fame s’è fatta sentire. È tradizione “antica” fermarsi a mangiare in un ristorante. Cosa di meglio del Rifugio del Fargno? Esatto: cosa di meglio? Descrivo i piatti: polenta con salsicce: stupenda! Formaggi locali (pecorino, soprattutto): deliziosi! Vino rosso (stupidamente non ricordo la casa): comunque, prelibato! Dolci del territorio vissano: paradisiaci. Servizio: semplice ma con grande accoglienza e calore. Carlo ha intonato un canto di montagna e tutti gli ospiti presenti (noi e gli altri), i “padroni di casa”, gli avventori del momento, hanno seguito. Insomma, quasi tre ore piacevolissime. Da incorniciare. Dicevamo: ospitalità! Pollice su.
Cambio di scena. Stavolta si deve attaccare Palazzo Borghese da Foce di Montemonaco. Non è un blitz. È una tragedia. La nostra guida, Aroldo, aveva garantito: “una sgambatina”. Essì, da restarci secchi. Un’ora e passa di salita, senza una curva. Implacabile. Immaginate la fame. E anche stavolta il rito si ripete. Per evitare querele, non diciamo il nome del posto, neppure la località. Comunque è un rifugio. Fatevi svegli. Già all’ingresso il clima (umano) è gelido. Sembra che ci facciano un piacere. Andiamo dritti al primo: tagliatelle al cinghiale. Voto: 5+ per il gusto; 3 per la quantità. Tagliatelle ai funghi: 6 per il gusto; ancora 3 per la quantità. Polenta: è finta, non classificabile. Alle degustazioni si mangia di più. Vabbé, andrà meglio dopo. Macché, all’arrosto misto (cinghiale, agnello, ecc) quasi ci scappa il duello tra noi. Voto: 6+ come gusto; 3 come quantità. Chiediamo il dolce. Arriva una specie di taralluccio. Non male, per chi è rapido ad accaparrarselo. Vino cotto centellinato, grappa: niet. Oggi è andata male. Cerchiamo di rifugiarci nel canto. Il volto dei gestori non è dei più simpatici. Insomma, non gradiscono. Ok, giornataccia. Da cancellare. Il Rifugio, innanzitutto. Pollice versissimo.
Terza uscita: le sorgenti dell’Ambro. Stavolta sarebbe davvero una sgambatina… se non sbagliassimo strada. La guida dice: mannaggia, i sentieri sono stati cancellati. Mmmmmmm. Comunque, abbiamo i panini dietro. Prosciutto, lonza, ciabuscolo e salame. Se non fosse per un inaspettato tuffo nel gelido Ambro, tutto filerebbe liscio. O quasi. Ad Amandola ci fermiamo per un dolce. Ubicazione: nei pressi di piazza. Il luogo è bello (sediamo fuori a goderci una quasi brezza montana) e il pasticcino stupendo. Solo che la giovane cameriera è molto ordinata e servizievole. Si libera un posto e lei: pssscc, pronta con lo spray a pulire il tavolo. A un decimetro dalla nostra bocca. Ospitalità: appunto! Vo’ cercando!
Altra scena. Ora siamo al mare. Mi avvicino allo chalet e chiedo un succo alla frutta. “D e l l a V a l d a s o”, fanno cantilena gli amici sapendo della mia fissazione per la frutta della più bella valle del mondo. Ma quale “Valdaso”? I succhi sono della… ( non si può fare pubblicità, anzi, non ne vale la pena). Prodotti industriali, insomma. Ritento in un altro chalet. Stessa risposta: Valdaso niente. Mi vendico: vado a Valmir e acquisto un cocomero. Lo sventolo dinanzi al naso dei miei detrattori. Viva la Valdaso. Che sia dannato se vi do un pezzo d’anguria.
Mi sono…dannato.
Ciao, amici, siamo tornati.
Fonte: “Il Gusto della Vita”