Il fumo del sigaro tradizionale
Riassunto
Lo scopo di questa nota è quello di mettere in risalto che la modalità di non inalare il fumo fin negli alveoli polmonari, rende l’approccio al vizio del fumo meno dannoso, in special modo quando si fuma un sigaro tradizionale. Difatti, il suo inconfondibile profumo, che copre tutti gli altri odori, rende surreale l’atmosfera circostante quasi ad isolare il soggetto fumatore che, nonostante stia attento alla qualità del sigaro che sta fumando, viene inondato nel sistema nervoso di gratificazione da una massiccia presenza di endorfine, che aiutano ad alleviare i vissuti traumatici. Infine si è voluto chiarire che sia la dipendenza psicologica che farmacologica risultano essere, speculativamente, due facce della stessa medaglia.
La nicotina libera, inalata nei polmoni, attraversa facilmente la barriera ematoencefalica e giunge al cervello dopo 7.5 – 10 secondi, ossia più velocemente di quella che nel caso in cui fosse iniettata, sia mediante libera diffusione, sia attraverso il trasporto attivo operato dal plesso corioideo. La ricerca medica è riuscita a dimostrare che, sia la dipendenza psicologica che quella farmacologica hanno un’origine biochimica. Difatti, la nicotina si accumula nella parte esterna del nucleo accumbens, agglomerato di neuroni situato nei gangli della base. In tale struttura, detta conchiglia, si verifica un’attivazione selettiva delle fibre dopaminergiche che, essendo collegate direttamente col sistema limbico, sovrintendono al controllo delle emozioni, a differenza della parte centrale del predetto nucleo che sovrintende al controllo dei movimenti. L’attivazione della parte esterna rilevata misurando il consumo di glucosio, è risultata di capitale importanza per l’instaurarsi della dipendenza poiché rende significativi stimoli apparentemente irrilevanti come un colore, un sapore o un profumo, fenomeno che si ripete ad ogni successiva assunzione di nicotina. Col tempo un’infinita costellazione di stimoli rende insopprimibile la necessità di assumere nicotina, in special modo se si supera la soglia di 5 mg al giorno. La conseguente concentrazione ematica è variabile da soggetto a soggetto per predisposizione genetica, per modalità di fumo, per qualità di prodotto da fumo, in funzione del tempo di emivita e del catabolismo della nicotina.
La nicotina, inoltre, si lega in maniera specifica alle due subunità alfa del recettore destinato a legarsi con il neurotrasmettitore acetilcolina, fungendo da agonista ed imitandone l’effetto stimolatorio. I recettori “nicotinici” sono presenti in modo diffuso nell’organismo umano, a livello pregangliare nel sistema nervoso simpatico e parasimpatico, nelle giunzioni neuromuscolari, nello SNC, nella midollare del surrene, nei glomi carotidei ed aortici. Tali recettori presentano almeno tre conformazioni, aperta, chiusa e desensibilizzata, che si riscontrano nella maggior parte dei recettori legati ad un canale ionico. Nello stato desensibilizzato l’affinità dell’acetilcolina con il suo recettore è oltre cento volte più elevata che nella conformazione attiva e nella conformazione di riposo (chiuso). I parametri fisico-chimici dell’interazione recettore-neurotrasmettitore sono tarati per assicurare una trasmissione rapida, affidabile e ripetitiva, svolgendo un ruolo importante nella plasticità neuronale e nella memoria di lavoro che assicura l’immagazzinamento temporaneo delle informazioni e l’aggiornamento di quelle precedentemente acquisite. La nicotina, sempre a riguardo della dipendenza, provoca un rafforzamento della trasmissione dopaminergica verso il nucleo striato, area sensoriale secondaria, che sovrintende alla motivazione e al senso di appagamento, annullandone la funzione di retroazione negativa sul talamo, che filtra e modula gli stimoli che pervengono al cervello.
La nicotina, inoltre, stimola nello spazio sinaptico il rilascio della dopamina che dà la sensazione di benessere e di piacere legata al fumo, mentre una delle IMAO (inibitore monoaminoossidasi), contenute nel fumo, inibisce la ricaptazione della dopamina da parte della membrana presinaptica. Tale molecola, presumibilmente, riduce anche le retroazioni negative della corteccia frontale, area sensoriale primaria, che interessano il talamo, definito anche centro di smistamento degli stimoli che pervengono dal mondo esterno. In definitiva, la tendenza del fumatore a ricercare, anche in seguito al fenomeno della tolleranza nei confronti della nicotina, sempre livelli superiori di nicotina è giustificata dalla risposta sensoriale “soggettiva-soddisfazione” che sottende alle attività primarie di sopravvivenza. In particolare, il sigaro tradizionale, prodotto tipico, allestito totalmente in Italia, sia fascia che interno, è avvolto artigianalmente con colla naturale, è costituito esclusivamente da tabacco Kentucky, e presenta un fumo a reazione alcalina (pH >8); la percentuale di nicotina trasportata indecomposta dal vapore d’acqua, in prossimità della brace, si deposita con una velocità superiore a quella presente nel fumo di sigaretta che si presenta a reazione acida (pH = 5.5). Fumando un sigaro, si ha un maggiore impatto sensoriale e per questo una particolare difficoltà ad inalare il fumo nei polmoni. A ciò si aggiunge il fatto che nel sigaro, essendo costituito da tabacchi di tipo alcalino, è attenuato il ruolo addolcente degli idrocarburi a catena lunga e delle resine, che sono invece presenti in maggiore quantità nella sigaretta. Se si considerano i seguenti dati ufficiali, si rileva che un fumatore di cinque mezzi sigari al giorno non raggiunge la soglia di 5 mg/ die nella conchiglia: infatti, un mezzo sigaro che pesa gr.3.63 (Dev. Stand. 0.264), con 57 (+ – 8) boccate può rilasciare mg.1.26 di nicotina (Dev. Stand0.245) di cui solo il 10 – 50% è assorbita, in quanto solo la nicotina libera riesce ad attraversare la mucosa orale, mentre la nicotina ionizzata ed i suoi sali la attraversano molto più difficilmente. Difatti, la nicotina libera è una base che reagisce energicamente poiché l’azoto dell’anello pirrolidinico mette a disposizione il doppietto elettronico, localizzato sullo stesso atomo che si lega normalmente nel tabacco agli acidi organici (acido malico, citrico, ossalico). Nel sigaro la nicotina, a 570 °C per pirolisi, è parzialmente convertita in un’altra base, detta miosmina, che è uno dei principali componenti dell’aroma, odore di tipo ureico, caratteristico del sigaro. La suddetta trasformazione chimica avviene per demetilazione e asportazione di due atomi di idrogeno dell’anello pirrolidinico.
In prossimità della brace, a temperatura di 900-950 °C si può addirittura annullare l’azione fisiologica dell’alcaloide, con la rottura dell’anello pirrolidinico, condizione dovuta alla forte ossidazione, essendo la combustione una reazione esotermica. L’inalazione nei polmoni del fumo di sigaretta provoca una concentrazione ematica di nicotina di tipo costante e non di tipo intermittente, come erroneamente si potrebbe credere. È stato, infatti, accertato che un soggetto che ha fumato 30 sigarette in circa 16 ore dalle ore 8.30 alle ore 23, ha presentato una concentrazione ematica di nicotina di 40 ngr./ml, stabile per almeno quattro ore, durante il sonno, nonostante il soggetto abbia smesso di fumare da 6-8 ore. Si precisa altresì che nel sigaro la quantità di fase colloidale presente nel TAR è inferiore rispetto alla sigaretta, perché il ripieno del sigaro si presenta battuto a strips, e va dal 5 al 6% del peso di tabacco consumato, mentre nella sigaretta, il cui ripieno si presenta trinciato con un taglio di 0.6 mm, varia dall’11 al 17% del tabacco fumato. Inoltre, il fumatore di sigaretta che inala il fumo nei condotti sinuosi e stretti dei bronchi e lo trattiene per il tempo di metà respirazione, presenterà una concentrazione di nicotina, nel sangue arterioso, già attiva dalla prima boccata (sono sufficienti 0.5 p.p.m); mentre il fumatore di sigaro che non inala ed assorbe la nicotina solo attraverso la mucosa orale, per avere la stessa concentrazione ematica, deve fumare almeno un grammo di tabacco. Infatti, la parte di sigaro non consumata si arricchisce di alcaloide a mano a mano che si fuma, in quanto in un mezzo basico la nicotina libera non ha la possibilità di combinarsi con gli acidi, consentendo all’ammoniaca, presente nel fumo in quantità variabile da 50 a 130 mg/g di tabacco, di fare depositare una percentuale di nicotina libera nella porzione di sigaro non ancora sottoposta a combustione, rendendolo di gusto sempre più marcato. A vantaggio del sigaro, si può ancora considerare che nella fase gassosa del fumo di un mezzo sigaro di gr. 3.36 di tabacco, si possono sprigionare da 15 a 100 mg di acido cianidrico, mentre nella sigaretta di gr. 1 di tabacco, se ne sprigionano anche 500mg. (Hoffmann e Wynder 1986 mod.). Tale gas, tossico e citotossico, inibisce in maniera elettiva il movimento delle cilia che ricoprono l’epitelio respiratorio dal terzo anteriore del naso all’inizio dei bronchioli le quali, assieme al muco prodotto, riescono a spostare le particelle estranee (di diametro>2.5 micron) ad una velocità di 16 mm/min. Dato che una particella di fumo di sigaretta di diametro uguale a 0.1 micron, liberata a 180 cm. dal suolo, impiega circa 580 ore per depositarsi, occorre che l’ambiente confinato del fumatore sia ventilato e rispetti il T.L.V. (THRESHOLD LIMIT VALUE) uguale a 0.5 mg/mc per 8 ore. In conclusione, la nicotina identifica il tabacco, ma le sue caratteristiche globali merceologiche sono legate anche ad altri costituenti che tra foglia e fumo assommano, attualmente, ad un totale di 5289, di cui 1414 nella sola foglia, 2740 nel solo fumo e 1135 comuni ad entrambi. Per la fabbricazione della sigaretta sono utilizzati più di un migliaio di additivi che per legge possono non essere dichiarati, ma devono essere autorizzati, (format standard D.L.184 del 24 giugno 2003), atti a conferire alla stessa un particolare sapore ed una combustione più omogenea; per la realizzazione del sigaro tradizionale, al contrario, si utilizzano soltanto acqua e colla d’amido, senza l’uso di altre sostanze umettanti e profumanti.
Scritto da: Giuseppe D’Amore
Bibliografia
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