Parole in fumo: III Capitolo
Sigari extra-cubani
Premessa:
Mentre scrivevo, per l’amico Daniele, questo articolo sui sigari extracubani mi sono reso conto che non poteva essere breve come lo era stato quello sui Toscani (sigaro arcinoto in Italia), né di media lunghezza, come fatto per i cubani (sui quali in Italia c’è una ottima conoscenza per un nutrito gruppo di appassionati).
Quando si parla di Nicaraguensi o Dominicani si entra in un ambito ancora poco conosciuto in Italia e sul quale vi sono molti pregiudizi e tante false credenze che spesso fanno esitare gli appassionati del fumo lento ad avvicinarvisi. Ecco perché ho ritenuto dedicare un po’ più di tempo all’argomento. Di conseguenza il lettore avrà bisogno di un po’ di pazienza nel seguirmi. Sempre che voglia approfondire l’argomento.
Un consiglio, prima di procedere, che vale in genere per tutti i sigari. Siate accorti a non cadere nella ben camuffata trappola della moda.
Il sigaro è una fonte di piacere e su questo non si discute. Ma troppo spesso diviene uno “status symbol”.
Qual è la differenza? Nel primo caso occorre un po’ di cultura e qualche sforzo per acquisirla. Nel secondo basta l’ignoranza di chi ci circonda e un po’ di soldi per acquistare sigari.
Se il portafogli non è un problema si entra in una tabaccheria ben fornita, si acquista un Cohiba ed il gioco è fatto. L’anilla (*) intorno al sigaro è testimone del livello economico del fumatore. Esprime il suo “status”.
Inoltre, soprattutto con i cubani, si rischia anche di sfociare nel collezionismo. Di farsi prendere dalla smania di ricerca di pezzi rari, di sigari fuori produzione, edizioni prodotte in esclusiva per altre nazioni.
Non che in questo ci sia qualcosa di sbagliato, ma si inizia a valutare i sigari per la loro rarità più che per la loro effettiva bontà.
Per i più che non possono accaparrarsi questi “pseudo-gioielli” resta un senso di disagio, di incompiutezza. Chi conosce questo mondo ben mi comprende. Un invito a ricercare la qualità, lasciandosi guidare dal proprio palato, senza prestare attenzione all’anilla.
Introduzione:
In Italia fino ad un 15 anni fa parlare di sigari significava parlare del Toscano. Poi l’apertura da parte del Monopolio ad Enti privati e le tabaccherie si arricchirono di una vasta gamma di nuovi prodotti.
Si partiva da sigaretti e sigari fatti a macchina fino a giungere a sigari fatti a mano, di elevata qualità. Questi ultimi richiedevano, però, molta più cura ed attenzione nella fumata di quanto non facesse un Toscano. I tabaccai che volevano proporli dovevano munirsi di sistemi di conservazione particolari, a differenza degli stortignaccoli, che andavano benissimo alle spalle del bancone, vicino alle bionde (anche se ultimamente anche loro vengono tenuti in vetrinetta).
Questi aspetti furono un deterrente per la diffusione dei nuovi sigari. Eppure in pochi anni questi nuovi prodotti hanno conquistato molti cuori.
La parte del leone venne da subito interpretata dai sigari cubani, preceduti dalla loro fama.
Sigari provenienti da altre nazioni vennero delegati ad un ruolo secondario. Ancora oggi i primi hanno una reperibilità maggiore rispetto agli altri prodotti.
In un mare di moduli e di marche è difficile orientarsi. Inizialmente si tende a lasciarsi consigliare, seguendo i gusti di altri appassionati o del tabaccaio. Ci si può affezionare ad una marca o iniziare una fase di ricerca per la quale occorre un palato allenato ed una buona dose di curiosità.
Mi si perdoni la digressione e ritorniamo ai sigari extracuba, con qualche cenno storico che aiuterà a capire alcuni aspetti chiave.
Un po’ di storia per comprendere:
Cuba. Capodanno del 1959. “El Che” entra a La Havana e consegna il potere a Castro. In quel momento il rivoluzionario ed i suoi “barbudos” diventarono Statisti. Ci si sbarazzò subito dei molti che li appoggiarono e che avrebbero voluto partecipare alla fase di gestione del potere.
Tra le tante azioni politiche intraprese quella che ci interessa è la riforma agraria del maggio di quell’anno. Il latifondo venne abolito e i contadini ricevettero in gestione piccoli appezzamenti di terreno.
Non si registrano altri eventi significativi, per il mondo dei sigari, fino al settembre del 1960 quando i militari di Castro fanno irruzione in tutti gli uffici dei produttori di sigari (alcuni dei quali avevano appoggiato la rivoluzione). Esproprio e nazionalizzazione! Non si discute!
“Acta est fabula”, oserei dire. Ma non plaudite: è appena finita l’era dei grandi sigari cubani.
Sì perché con questo gesto Castro crea una rottura nella storia dei sigari tale che, ancora oggi, si parla di “sigari cubani pre-Castro” e “sigari cubani post-Castro”. I nuovi statisti pensarono bene di distruggere tutte le tracce storiche del prima di quel momento. Non rimase quasi nulla di scritto. Voler raccontare cosa fosse il mondo dei sigari prima del 1962 è impresa ardua. Non ci sono molte fonti a riguardo.
Il lavoro era comunque assicurato per tutti. Ovviamente tutti avrebbero continuato a lavorare come dipendenti statali. Molti i proprietari che scelsero l’esilio. Praticamente tutti.
Un bagaglio leggero, come accade sempre in questi casi. Qualche vestito, una manciata di semi, qualche dollaro e un indirizzo in tasca.
Con i proprietari però, decisi a ricominciare altrove, fuoriescono da Cuba anche i migliori torcedores delle galere (*). Le destinazioni sono diverse, diversa la fortuna toccata, diverse le storie che andrebbero raccontate. Tra questi esuli, nomi oggi poco noti, che sono riusciti, non senza sacrifici, a rimetter su una produzione di Sigari.
I Menendez, che producevano ed avevano reso famoso il nome Montecristo. I Cifuentes, che producevano ed avevano reso famosi i Partagas. Solo per citare due delle famiglie che non si diedero per vinte.
Dopo questo esodo Castro gestì il tutto in maniera oscena. Da quasi mille sigari diversi e poco meno di un centinaio di marche disponibili, portò a 4 – dico 4 – i sigari prodotti, raggruppati in una sola marca: Siboney.
Poi giunse l’embargo a dare il colpo di grazia.
Il mondo dei sigari cubani era agonizzante. Presto sarebbe finito tutto se non fosse venuta l’idea di contattare un esperto quale Zino Davidoff per tentare un miracolo. Subito i terreni destinati alla coltivazione di tabacco furono restituiti ai vegueros (*) e rimise in produzione molte delle marche famose disponibili fino a qualche anno prima.
Il miracolo fu compiuto e Cuba ritornò ad esportare sigari in tutto il mondo (quasi).
Casto fu riconoscente, al punto che, appena la produzione di sigari si riprese, siamo negli anni ’80, anche Zino fu cacciato da Cuba e spedito a produrre i suoi sigari nella Repubblica Dominicana. Ma questa è un’altra storia.
Ritorniamo alle famiglie esuli che avevano iniziato a produrre tabacco approfittando del vuoto creato dagli eventi cubani. L’ostacolo più difficile da superare fu sicuramente il trovare terre sulle quali era possibile coltivare tabacco. Questa era gente abituata al lavoro duro. Aveva spirito di sacrificio e sapeva che il tempo benedice sempre un buon lavoro.
Così è stato.
Quali sono i migliori sigari al mondo?
Già, ma dopo tutto questo tempo, quali sono i migliori sigari disponibili sul mercato? Quelli che si producono a Cuba o quelli che i discendenti delle famiglie esuli producono in altri paesi dei Caraibi?
S’è detto che i sigari cubani non furono mai più gli stessi dopo la rivoluzione. Ma a dirla tutta non furono più gli stessi nemmeno dopo che Davidoff lasciò l’isola, e oggi non sono più gli stessi di, appena, 10 anni fa. Vero è che dal ’60 i cubani avevano dalla loro la fama delle marche ed i migliori terreni per coltivare tabacco. Ma chi aveva dato fama a quelle marche ha impiegato qualche lustro per recuperare lo svantaggio ottenuto con la violenza e, in alcuni casi, superare il livelli qualitativi dei prodotti cubani.
La quantità di sigari prodotti fuori Cuba è cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni, al punto che è impossibile memorizzarli tutti (cosa non difficile per la produzione cubana). A questo punto ci si aspetta una risposta alla domanda di inizio paragrafo. Devo deludere. Dire “miglior sigaro al mondo” non significa nulla. Anzi. Non ha senso nemmeno porsi il problema. Fumare sigari non significa trovare il migliore per fumare sempre e solo quello. Una volta che ci si innamora dei sigari si inizia un percorso che non prevede una meta. Buffo vero?
Comunque sia prima di valutare un sigaro occorre definire i parametri che servono per esprimere un giudizio. Occorre poi educare il palato e abituarlo a diverse tipologie di sigaro. Avere un solo tipo di fumata è un fattore che spesso rende difficile l’approccio ad altri tipi di sigari. Si pensi ad un fumatore di Toscani, che spesso tollera poco altri sigari. Oppure si pensi all’appassionato di cubani che non accetta di fumare altro. Occorre molto esercizio per cogliere le sfumature organolettiche di un sigaro Premium (*). Alternare sigari di diversa provenienza aiuta ad ottenere un palato capace di apprezzare prodotti a volte simili solo nella forma. Infine occorre definire i criteri di valutazione, se si vuole giudicare un sigaro e a maggior ragione se si vuole effettuare un paragone. Ovviamente i sigari devono essere paragonabili. Non avrebbe senso mettere a confronto un cubano con 15 anni di affinamento ed un Nicaraguense inscatolato 6 mesi fa. Oppure un cubano acquistato direttamente a Cuba, realizzato fuori dai canali commerciali con un Dominicano di fascia bassa acquistato in tabaccheria. Occorrerebbe mettersi nei panni di chi non compra sigari direttamente a Cuba e che comunque non li acquista per tenerli 3, 5 o 10 anni in un Humidor ad affinare. Si resti, comunque, in una fascia di prodotto medio alta.
Qualità del manutatto:
Beh, non credo ci sia da discutere su quanto siano ben costruiti i sigari degli eredi degli esuli cubani. Su questo punto l’ago della bilancia pende nettamente a favore degli extracubani. Un altro aspetto importante è la lotteria del “tira-non-tira” che accompagna l’acquisto di un sigaro. Sebbene ultimamente il problema si sia attenuato, in un box di sigari cubani ce n’è sempre qualcuno che non tira. Personalmente non trascuro questo aspetto. Quando esco di casa e decido di fumare cubano, porto sempre con me qualche sigaro extra. Troppe volte m’è capitato che un sigaro appena acceso andasse buttato. Resta il dispiacere per i soldi buttati, ma almeno non resto senza sigaro da fumare!
Questo problema è estraneo al mondo degli extracubani.
L’intensità degli aromi e dei sapori:
Non so perché, spero non sia il fatto che i sigari cubani vengano sottoposti al “congelamento” (*) per scongiurare il rischio bicho (*), ma un extracubano ha dei profumi al piede che nei cubani non ci sono, e comunque non con la stessa intensità. Stessa cosa per i sapori (penso al pepe di alcuni Padron) e gli aromi.
La prontezza del sigaro:
Io acquisto i cubani e li conservo almeno 3-5 anni prima di fumarli (ho, ad esempio, dei Bolivar Corona Gigante del 2007 che adesso iniziano ad essere buoni). Questo perché i produttori di sigari cubani, a differenza di quello che accadeva qualche lustro fa, hanno eliminato dal processo di lavorazione del tabacco e di produzione dei sigari alcune fasi. Una su tutte è il riposo in escaparate (*) del sigaro, prima di essere inscatolato e messo in commercio. L’umidità non smaltita innesca – nel primo anno che segue il confezionamento – il processo, noto come microfermentazione. Il sigaro è infumabile e terminato questo periodo (Sick Period), occorrerà attendere ancora un po’ per avere un sigaro ad un buon livello qualitativo. I componenti delle famiglie esuli, invece, si attengono alle vecchie, buone tradizioni. Un Oliva, ad esempio, lo acquisti, esci dal tabaccaio, accendi e fumi.
Costanza produttiva:
Una volta i cubani avevano la tipicità di marca. Sceglievi un sigaro e sapevi già come sarebbe stata la fumata. Dall’ultima volta in cui si è razionalizzato il vitolario, dal 2000 circa, si è perso un po’ tutto. Non stupisce sentire che ad una degustazione da una sola scatola siano usciti sigari totalmente diversi tra loro. Questo perché i sigari, una volta prodotti, vengono inscatolati in base al colore. Ci trovi sigari preparati da torcedores diversi in giorni diversi e, quindi, con tabacco diverso. Sotto una scatola di Flor de Selva è possibile leggere il nome del Torcedor! Per alcuni sigari c’è una costanza della produzione che ha dell’incredibile. Provate ad acquistare lo stesso sigaro di Davidoff in due diverse tabaccherie europee. Fumateli e vedrete che sono uguali. Ovvio che le eccezioni tra gli extracubani esistono, ma sono, appunto, eccezioni. Gli abbinamenti poi sono agevolati e diventa anche facile scegliere un sigaro in base al momento. Dopo una cena delicata un Fuente Rosado, dopo una cena intensa un Nicarao o un Davidoff…
Il prezzo:
Parlare di sigari pensando a quanto costa è sempre una cosa sbagliata. Ma un Piramide Nicarao costa quasi la metà di un Montecristo No 2. Il paragone non regge? Forse. Ma occorrerebbe acquistarli entrambi e fumarli, per rendersene conto.
Il Nicarao è sicuramente un sigaro pronto, con determinate note che lo contraddistinguono.
Un Montecristo No 2 è probabilmente in Sick period ed è possibile che abbia anche problemi meccanici.
Se il Monte 2 lo si vuole portare a livelli accettabili di fumabilità occorrerà conservarlo per almeno un 3-5 anni.
Comunque, considerando gli esemplari con problemi di tiraggio, dell’investimento per l’acquisto dell’humidor dinamico e del fatto che il sigaro stesso rappresenta un capitale bloccato, il rapporto prezzo/qualità del Monte 2 scende decisamente ed il paragone salta. Gli extracubani stanno crescendo molto ultimamente. Se la posizione personale non è quella di essere un “estremista”, ma di amare senza preconcetti i buoni sigari, da alcuni box possono uscire pezzi dei quali ci si innamora. Sto pensando ai Fuente, ai Nicarao, gli Oliva ed ai Padron… solo per citarne alcuni dei quali io mi sono innamorato.
Mi son pentito dei cubani acquistati finora? No, ma so che devono attendere un bel po’, prima che possa godermene un paio con qualche caro amico. Il tempo, comunque, non migliora i problemi dovuti ad una cattiva costruzione. Come avevo detto: il tempo premia sempre (e solo) un buon lavoro.
Note:
ANILLA: Anello di carta posto intorno al sigaro.
BICHO: Lasioderma Serricorne. Parassita del tabacco.
CONGELAMENTO: In realtà non è un vero congelamento, anche se questo è il termine più utilizzato. Lo si potrebbe definire “abbattimento di temperatura”. Serve ad uccidere il bicho eventualmente presente nei sigari e a distruggerne le uova. La pratica salva il sigaro, ma ne riduce decisamente le qualità organolettiche. La pratica viene effettuata, per quanto si sappia, per i soli sigari cubani.
ESCAPARATE: Stanza nella quale i sigari vengono fatti riposare prima del confezionamento.
GALERA: Luogo delle fabbriche dove vengono realizzati i sigari (dai torcedores). Il nome deriva dall’utilizzo fatto a Cuba, qualche secolo fa, dei detenuti per questa attività.
PREMIUM: Sigaro fatto a mano con sole foglie intere.
VEGUERO: Contadino dedito alla coltivazione del tabacco.