bruttafaccia

Giacomo Mora è uno dei tanti amici virtuali che ho conosciuto grazie questo strano strumento chiamato “FeisBuk” e più precisamente tramite il gruppo “Amanti della Pipa”.  

È entrato nel gruppo da poco e in maniera anche timida… c’è voluto un altro amico virtuale che, parlando di lui, ci ha fatto vedere i suoi lavori da pipemaker. 
E il ragazzo lavora bene… proprio bene… tanto da essere chiamato da G.L.Pease per creare una pipa per lui! 
E io ho ben pensato di contattarlo direttamente per intervistarlo! 

 

Ciao Giacomo, allora raccontaci un po’ di te! L’artigianato delle pipe è la tua prima attività o è un hobby? Come hai iniziato?

Intanto grazie per l’opportunità che mi concedi nel poter parlare un po’ di me e della mia concezione della pipa, questo meraviglioso oggetto-soggetto. Non è la mia prima attività, magari lo fosse, diciamo che è un sogno che lo diventi, il mio come il sogno di tanti. Ed in quanto sogno non è neppure un hobby. Non so come altro definire il mio “fare una pipa” se non come un modo, il modo, per trovare una giusta collocazione, una giusta dimensione nel mio, nel nostro disordine. Per ritornare alla consapevolezza della semplicità del giusto, del rapporto io-tu con ciò che è vero; io, le mie mani ed un pezzo di legno solo apparentemente morto, pronto a sprigionare, a donarmi la sua infinita, vibrante vitalità, a raccontarmi la sua storia qualora io sia stato in grado di creare quella giusta comunicazione, basata sul rispetto, sull’ascolto. E’ il mio grande esercizio di consapevolezza. Ho iniziato da un bel po’ di tempo ed hai ragione, forse per timidezza, per la consapevolezza di essere uno dei tanti ho atteso, non mi sono mostrato. Poi è avvenuto l’incontro con Enrico Marola, Enricoro, quello che considero il mio maestro. Neppure lui sapeva. Enrico mi ha contagiato con una febbre ed ora penso a “fare pipe” e a poco altro.

 

Mi avevi accennato tempo fa che per la tua attività e per la tua vita è stata importante la figura di tuo nonno. In che modo? 

Nell’insegnarmi con le sue poche parole da contadino ed i suoi molteplici esempi quella semplicità delle cose giuste. E’ tutto nella mia “piccola storia di legno e fuoco”, il ricordo particolare di un’estate, più o meno calda come questa che stiamo vivendo, in cui il nostro rapporto si fece più profondo ed in cui cominciò, o almeno io lo percepii in questa maniera, a prendermi per mano trattandomi da uomo, da suo pari. In cui cominciò ad insegnarmi ciò che aveva imparato costruendo la sua vita, le nostre famiglie su quella antica saggezza di contadino e su quei semplici valori di ascolto, rispetto per ciò che aveva intorno e da cui traeva sostegno, sostentamento, conforto comprendendo quegli invisibili segni nascosti in una brezza che improvvisamente si alzava, nel particolare canto degli uccelli al mattino. Nell’abilità che dimostrava nello scegliere quel particolare tipo di legno adatto per il fuoco, per costruire i suoi attrezzi, o i piccoli poveri meravigliosi giochi per me, i “bastoni magici”, le fionde, gli archi e le frecce. “Faceva cose”, cose semplici e con una loro utilità, uno scopo, e bellissime nella loro rozza semplicità. Ed in quell’estate mi fece il dono del mio primo coltello, il mio “pennacchino” a lama ricurva, taglientissimo, preziosissimo ai miei occhi di bambino. E mi fece il dono del gusto del costruire, del creare, del fare da solo oggetti di utilità, anche soltanto utili alla mia fantasia, ma costruiti da me! In cui entrava un po’ di me, magari sporchi delle mie mani sporche, del sangue che usciva dalle ferite provocate dalla lama cattiva di quel coltello, ancor più oggetti “miei”. Inevitabilmente per me è venuta “la città”. E con la città un disorientamento. Altri venti, niente fuochi della sera presso cui riscaldarsi, non più il suo calore. Altri canti. Ho dovuto recuperare quel fuoco, quel legno per tornare a fare mia la semplicità del giusto, del confronto, la difficoltà e la bellezza dell’ascolto, la difficoltà e la bellezza del mettermi alla prova, ogni volta, con un pezzo di legno apparentemente morto, tornare al bosco da cui esso proviene e dargli senso ed utilità, farne esplodere la bellezza e vitalità, e darne ugualmente a me stesso. Perché è da lì, dal bosco, che provengo e noi tutti veniamo. Ed è questa piccola storia che tento di raccontare. La storia della necessità di un ritorno a ciò che è semplice, tradizionale, allo stesso tempo complesso, sfuggente oggi. E la pipa è un grande simbolo, una grande metafora. Da sempre mi è piaciuto creare oggetti con le mie mani ed assegnare loro una valenza, un senso. Con le pipe è parzialmente diverso. Creandole anch’io acquisto di senso, di valenza. Mio nonno si chiamava Giacomo, come me. Quando pensavo a scegliere il marchio delle mie pipe, al cosiddetto “brand”, ho pensato: cosa c’è di più vero e sincero di esporre me stesso? Come rendere un piccolo onore a questa piccola storia? Ok, il mio nome, con la “g” minuscola perché il Giacomo cui rendere onore è il nonno.

 

giacomo mora pipa 1Dimmi, cos’è per te la pipa? Uno stile di vita o un semplice vizio?

E’ ovviamente un’opinione personale, fortificata da una persona che ritengo molto importante. Non penso alla pipa, addirittura alle sigarette, ed al tabacco in genere come ad un vizio. A dire il vero ritengo irreale, immorale, il concetto di “vizio” in se’, per di più se associato al tabacco che considero più come una necessità. Sapevi che ogni pianta ha una percentuale di nicotina in sé, utile alla fotosintesi, alla propria sopravvivenza e riproduzione? La nicotina è ovviamente presente in grandi quantità nella pianta del tabacco. In fondo anche gli esseri umani vivono di luce, prosperano nella luce, realmente e metaforicamente. Perché “esiste” la pianta del Tabacco? Guardo con estremo sospetto alle continue martellanti campagne anti-fumo ritenendole un’ennesima dimostrazione di una volontà di controllo, una delle più ipocrite peraltro. La luce, il calore, il fuoco del sole trasforma la nicotina in acido nicotinico, una delle sostanze utili, fondamentali per la fotosintesi. Se gli esseri di qualunque specie sono interconnessi come io credo vero sia, chissà che il fuoco del mio fiammifero non abbia lo stesso effetto per la mia fotosintesi? So solo che il tabacco si traduce in benessere per la mia salute, mentale e fisica. Grazie amica. E poi la pipa ed il fumo della pipa. Oltre ad essere per me quella grande metafora che ti dicevo ha in sé tutto: il maschile ed il femminile, il dare ed il ricevere, è lo strumento per eccellenza in cui liberare il tabacco, soddisfa contemporaneamente le qualità animali e razionali dell’uomo. Coinvolge ogni senso di cui siamo dotati ed aiuta l’essere umano a liberare le sue qualità di introspezione, riflessione, meditazione ed alla fine comprensione, lo conduce alla consapevolezza momento per momento, richiedendone l’attenzione, il rispetto, ed insegna il rispetto di se’ a chi ne gode, affinché possa goderne. La pipa, dal punto di vista di chi la costruisce, è invece un racconto. E’ innanzitutto una comunicazione tra quella singola, particolare, unica radica e chi la guarda, chi, materia, ha l’immensa fortuna di avere materia da plasmare e da cui essere plasmato, che in qualche modo deve parlare a chi la tiene tra mani che in quegli istanti tremano nel tentativo di creare un rapporto con essa, in un gioco di rispetto fatto di carezze gentili o ruvide, nell’obiettivo di trarre il meglio da quella materia, nell’obiettivo di sbagliare il meno possibile. Non parlo di ricerca della perfezione, ovviamente. Parlo di un rapporto in cui due anime, apparentemente morte, si congiungono ed acquistano vicendevolmente vitalità. Ed è un racconto tra chi fa la pipa e chi ne fruisce, la persona fumatore. Spessissimo mi capita di fare pipe cosiddette “custom”, su commissione. La persona mi chiede: vorrei quello shape visto qui, mi piace. E’ un grandissimo esercizio, a volte una vera e propria sfida. A volte penso di non poter riuscire. A volte mi stupisco. Parlo con la persona, gli spiego cosa posso, cosa so fare e cosa non posso, non so fare. E durante questa comunicazione, sempre, tento di capire qualcosa dell’uomo che ho davanti, o che vedo in foto, in video. E davvero a volte sono nati dei racconti, delle storie, delle forme, dei particolari, anche dei percorsi insieme. Quei video che faccio, accompagnatori all’uscita di una pipa hanno due principali funzioni: mostrare la pipa a chi ne fruirà e raccontargli una piccola storia, che sia la mia dei momenti in cui ho creato la sua pipa, o che sia un piccolo barlume che credo di aver intuito della sua storia, del suo modo di essere. A volte sono messaggi per altre persone che ho in mente e che perciò hanno partecipato alla costruzione della pipa. E’ divertente e bellissimo. Ed infine è il racconto tra il possessore della pipa e la pipa stessa, un delicato approcciarsi reciproco, di tentativi e di pazienza, alla ricerca del giusto equilibrio tra le caratteristiche del fumatore, le sue predilezioni, le sue piccole manie e le peculiarità di quel singolo unico, strumento di fumo, che inizierà, se rispettato, a sussurrare al fumatore le dolci parole delle sue predilezioni, delle sue piccole manie, fino a possederlo.

 

giacomo mora pipa 2Nel tuo laboratorio come lavori? Hai molti strumenti o riesci a lavorare con poco a disposizione?

Ho spesso pensato all’acquisto di un tornio, a come potrebbe forse semplificare, velocizzare il lavoro. Nell’attesa dell’accumulo di monetine nel porcellino ho ovviamente continuato a fare pipe senza. Ho acquistato una certa dimestichezza, sempre migliorabile, con questa tecnica, per esempio bucando il foro del fumo a mano libera, che non è nulla di così terribilmente complesso da realizzare qualora si abbiano a disposizione blocchi ben squadrati dal segantino, o li si squadri adeguatamente secondo le necessità del particolare pezzo, e si presti una certa attenzione nel tracciare le linee da seguire sulla radica. Un po’ d’occhio, un po’ di mano, ho lentamente acquisito, foro dopo foro riuscito, l’orgoglio di fare le pipe in questo modo, e l’orgoglio di costruirmi da solo, modificandone altri, gli attrezzi che mi servono. Niente di speciale, del resto. Molti fanno così. Ed ho costruito su quest’orgoglio, sulla felicità nel vedere un buco in fondo al fornello, al suo centro, la mia teoria del fare una pipa come mio nonno costruiva i suoi attrezzi, come io fabbricavo i miei giochi, con ciò che avevo intorno, principalmente le mie mani, la mia concentrazione, me stesso, in un rapporto onesto con la materia che dovevo modificare secondo le mie intenzioni. Io, materia e tu, materia. E se un foro viene male, pazienza, non ero nel modo, meglio fare una camminata quel giorno. Pigini. Ora l’idea del tornio mi spaventa. Mi accorgerò di aver peccato d’orgoglio. Domani cambierò idea.

 

giacomo mora pipa 3Per le forme – shape – prendi ispirazione da qualcosa, da qualcuno o vai alla “speri in dio”?

Come ho detto al momento attuale più che altro faccio pipe custom, su un particolare disegno di creazione del cliente o sulla base di una sua specifica preferenza per un determinato shape, o apprezzamento per una particolare pipa. Un grande, bellissimo esercizio, in cui però metto sempre qualcosa di mio. Mi sono anche capitate splendide avventure che ho recepito come attestati di stima che mi hanno davvero commosso. Per esempio il mio amico Ladd, un vero, duro cow-boy del più profondo Wyoming, guarda un po’, amante della musica di Luigi Boccherini (scusa Daniele, so che sei musicista, io da ignorante neppure sapevo chi fosse) che mi invia sue foto a cavallo mentre bada alle mandrie, immagini delle sue praterie, video in cui fuma la pipa al centro delle pietre che delimitavano un tepee indiano, per posta il libro di un artista del legno, George Nakashima, un cd di poesia country americana e soprattutto un link alle sonate di Boccherini e la richiesta: fai quello che vuoi ispirandoti a questa musica. Fui sopraffatto. E’ nata così la “prairie’s flower”, Ci ho messo una vita a fare quella pipa, così sballottato tra tutti questi, anche contrastanti e perciò importanti, input. E’ davvero stata una meravigliosa inaspettata avventura dalla quale è nata una strana, inusuale pipa, quella che forse mi ha più coinvolto emotivamente. Ecco, quando vengo “lasciato libero” nella creazione di una pipa, posso dire che il mio modo di “fare una pipa” è influenzato dal mio modo di essere fumatore. Amo dedicare tempo alla pipa. Essendo essenzialmente un nevrotico non riesco a fumare la pipa facendo altro. Per i momenti “veloci”, fumo veloce. Non ho pregiudizi nei confronti degli altri sistemi di consumo del tabacco e ne godo. Ma riconosco l’assoluta superiorità del godimento del tabacco in pipa. Tendo a dividere i pipatori nelle due categorie dei “clenchers” , chi predilige una pipa gestibile, leggera, da tenere quasi costantemente in bocca magari facendo altro, e degli “holders”, di chi la pipa preferisce tenerla in mano ed esercitare il tatto gustandone i contorni tra una boccata e l’altra, entrare con lo sguardo tra le fiamme della radica, guardare negli occhi gli occhi di pernice. Ritengo, come fumatore, di appartenere alla seconda categoria e come “fattore” di privilegiare quelle belle forme tendenti al tondeggiante che danno quel bel senso di pienezza in mano, di avere il dovere di evidenziare e rendere onore ai meravigliosi disegni che Madre Natura ha posto nella radica facendone esplodere le caratteristiche, lasciando anche “un po’ di natura”, ecco perché nelle mie pipe lascio spesso in evidenza il plateau, anche parzialmente, in un gioco tra origine e modifica. 

 

giacomo mora pipa 4Qual’è la tua posizione preferita? 
Intendo mentre fumi…

In qualità di ex pornostar di caratura internazionale posso annunciare che sto scrivendo “Il Kamasutra della pipa, posizioni per godere… il tabacco”, un concept-book di racconti e soprattutto foto (!) in cui illustro, stavolta da “clencher”, come approfittare contemporaneamente e con soddisfazione di un paio delle migliori gioie nella vita dell’uomo. Tornando seri, metaforicamente la mia posizione preferita mentre fumo è quella del “fiore di loto”. Nella mia vita, in quel periodo della necessità di un riequilibrio, ho ricevuto il dono dell’incontro con la meditazione, sentiero che ho parzialmente abbandonato per motivi che annoierebbero se raccontati qui. Voglio farla breve, ci sono innumerevoli punti di contatto tra il tipo di meditazione che praticavo e fumare la pipa, fare la pipa. Contrariamente a quanto di solito si pensa, almeno per la mia esperienza, meditare non significa creare il vuoto dentro di sé ed intorno a sé, pensare a nulla. Significa consapevolezza, essere lì nel momento presente, osservare momento per momento un oggetto di concentrazione in ogni suo dettaglio, che esso sia un vero e proprio oggetto o il proprio pensiero da focalizzare nel suo fluire. Cosa facciamo quando fumiamo, quando creiamo una pipa? Stiamo attenti ad ogni dettaglio, controlliamo il respiro, ripetiamo determinati gesti seguendo una precisa ritualità, acquistiamo consapevolezza. Ritengo sia esattamente ciò che ci sia utile acquisire in un mondo che ci vuole disorientati, acquiescenti, sottomessi. Ed altro si può dire. Comunque, a parte questi significati, anche un po’ “politici”, forse pesanti da attribuire a questo meraviglioso oggetto, la pipa resta una grande compagna di relax e divertimento. A proposito di compagne di divertimento, a pagina 815 del concept-book, c’è la foto della posizione 624, quella in equilibrio sul disco in movimento, un po’ sadomaso ma soddisfacente!

 

giacomo mora pipa 5Oltre a far bene le pipe, vedo che ti diletti con buoni risultati anche con YouTube. 
Spiegaci meglio questo strumento multimediale e come ti ha aiutato nell’attività.

La pipe community di Youtube è fortissima, amplissima, neppure si riesce a quantificare il numero di fumatori di pipa, di amanti del tabacco provenienti da ogni parte del mondo che vi entrano, restano, escono e rientrano, che postano i loro video parlando della loro passione o anche semplicemente condividendo la loro giornata, il loro particolare stato d’animo del momento. Nascono continuamente nuove amicizie, scambi di opinioni, consigli, perfino amori a distanza, ed è davvero divertente ed utile osservare le abitudini, pipatorie e non solo, degli amici fumatori di oltre gli oceani. Davvero emerge quello spirito di comunità che dovrebbe sempre contraddistinguere persone accomunate dalla stessa passione, nel rispetto delle differenze e delle esperienze. La pipa del resto è sempre stato e continua ed essere un simbolo di pace e comunione. Dopo essere stato un “lurker”, un guardone dei video altrui ho deciso, forte del mio inglese maccheronico, di entrare a farne parte, neppure con l’idea di mostrare le mie pipe. Sono bastati un paio di video e qualche messaggio personale per venire accolto, coinvolto, risucchiato in questa meravigliosa avventura che ritenevo inizialmente virtuale, ma che si è dimostrata estremamente reale. E’ venuto fuori che faccio pipe, il mio amico Cort me ne ha chiesta una e video dopo video, pipa dopo pipa, box opening dopo box opening, Youtube per me è diventata una grande vetrina per la mia passione, ma non solo. Mi continua a piacere, tempo permettendo, fare video che parlano in qualche maniera di chi sono.

 

E poi arriviamo a G.L.Pease… raccontaci tutta la storia! Come è arrivato a te e come hai scelto la pipa da fare per lui. E soprattutto… ti sei fatto pagare in tabacco?

E’ stato grazie a Youtube che Gregory Pease mi ha chiesto una pipa per lui. Ho avuto la fortuna di crearne una per un ragazzo inglese di Nottingham, blender e pozzo di scienza tabagica presso uno di quei negozi dedicati che qui purtroppo ci possiamo solo sognare. Per motivi di lavoro e passione Glynn è in contatto con Gregory e pare gli abbia mostrato la pipa che avevo fatto per lui. Un paio di lusinghieri commenti da parte di Pease a un video delle mie pipe ed un giorno arriva inaspettatamente una e-mail da parte sua. Puoi capire la sorpresa e la soddisfazione. E l’ulteriore sorpresa nello scoprire una persona dalla quale puoi attenderti tutto tranne un atteggiamento, come dire, umile. Evidentemente i grandi non sono grandi per caso. Mi ha chiesto di fare per lui quello che volevo, che non voleva una pipa viola ed arancione, che chiedermi qualcosa in particolare sarebbe stato come rubare i pennelli ad un pittore, ed altro. Che fare per Mr.Pease? Domanda Arcana! Sapevo che gli era piaciuta la pipa di Glynn, così ho pensato di farne una simile ma perfezionando ciò che a posteriori consideravo come difetti nella prima pipa. Ciò che più mi ha stupito è stata la grande attenzione dimostrata da un grande come G.L.Pease, prestata perfino ai piccolissimi pipe-maker come me. Intendo dire, in un mondo purtroppo/per fortuna di nicchia e che normalmente si considera monopolizzato dai grandi nomi che giustamente, per ragioni di storia, tradizione e di indubbia qualità dei prodotti ottengono il maggior seguito, la constatazione che ci sia ancora “voglia di altre pipe” e che si possa essere ancora notati. Questa è davvero una grande speranza per chi, da hobbista, vede la propria anima lentamente ma inesorabilmente trasferirsi in quello che fa. E’ una scossa di elettricità che muove a fare sempre di più e meglio.

 

Mi hai scritto tempo fa che ringrazi per la tua attività Enrico Marola, ti ha fatto da mentore? Com’è entrato nella tua vita attraverso la pipa?

Adoro il web come strumento. Le ore trascorse dietro ad uno schermo sono decisamente prodromiche alla vita “reale”. Ho conosciuto Enrico tramite Facebook su una delle tante pagine dedicate alla pipa. Adoro Enrico. Mi ha aperto la sua casa, il suo laboratorio, il suo cuore polveroso di radica. Al nostro primo incontro ero imbarazzatissimo. Penso abbia riso di me e delle mie stupide domande, mentre cercavo di bere dalle sue parole e dai suoi gesti mentre costruiva la sua pipa per me. Un’esperienza che consiglio. Il pezzo di radica e la sua trasfigurazione nella pipa che sarà tua grazie alle mani dell’artigiano. Un’emozione lunga un giorno. Poi c’è stato il giorno in cui abbiamo girato insieme un video che lo mostrava all’opera. Spesso riguardo quel video e ciò che rivivo è stato il clima di amicizia e di gioco, ma altrettanto di rispetto per ciò che si stava facendo, e qualche climax in cui chiaramente emerge la filosofia di Enrico nel creare pipe, in cui risulta evidente cosa significhi quel “Pipes by Soul” che è il suo marchio di fabbrica, il suo modo di intendere la pipa, la sua febbre che mi ha contagiato. Lo chiamo Maestro anche se lui non vuole ed in realtà la nostra frequentazione è assolutamente saltuaria, inframmezzata da qualche telefonata, qualche consiglio qua e là tramite gli strumenti internet, necessariamente interrotta dai casi della vita, dalle distanze. Lo ringrazierò sempre per i suoi consigli, per i canali che generosamente mi ha aperto, per la febbre con cui mi ha contagiato. So che riderà di questa intervista. Fai bene Maestro!!! 

 

giacomo mora pipa 6Per il lato commerciale quali canali usi? Un po’ di numeri sulla tua attività: quante pipa fai all’anno, dove vendi, risultati migliori, ecc…

Youtube, e-mail, Facebook. Mi si contatta e mi si chiede. Travolto dagli eventi non ho ancora avuto il tempo, la voglia di aprire un sito. Altrettanto mi manca la voglia di contare le pipe che ho fatto, di organizzare “commercialmente” quest’attività. Non ho neppure i sacchetti per accompagnare la pipa, che da fumatore del resto perdo o dimentico in giro, non uso. Le spedisco incellophanate in quella plastica con le bolle che devo continuamente sottrarre ai miei figli che ne fanno quell’uso ludico in cui spesso anch’io indulgo! Diciamo che ora sono totalmente coinvolto dall’aspetto “artistico-ispirazionale” della cosa tra relazione con la persona che mi chiede la pipa, costruzione della pipa ed attribuzione di significato. Ci penserò. Ci penserò?  

 

La cosa più bella che ti è mai capitata da fumatore/pipemaker?

Da fumatore ogni fumata soddisfacente, come la intendo io. E le riscoperte di tabacchi che tempi addietro avevo ritenuto non significativi al mio gusto e che, invece, nel tempo, in momenti diversi, riapprezzo. Questo fa dell’esperienza del tabacco in pipa un’avventura infinita, meravigliosa. E poi ogni nuovo tabacco, che mi vede come un bambino con le mani nella marmellata. Le Jake Hackert ricevute in regalo da amici di Youtube. Da “fattore” di pipe è una scelta difficile. La pipa fatta a capodanno per Salam, OneManSmoke (un mio mito di Youtube) e la sua box opening. La visita a casa mia di Andreas, un ragazzo cipriota che studia a Southampton, e della sua fidanzata. L’amore che ricevo e spero di riuscire a dare. Soprattutto la pipa che Enrico mi ha chiesto di fare per lui l’inverno scorso. Mai avuto così caldo nella mia capanna di legno-laboratorio, facendo polvere a tre gradi sotto zero.

 

Un saluto ai nostri lettori…

In italiano, ciao. Grazie!

 

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