Cru, Grand Cru, Cuvée e Grand Cuvée
Da un po’ di tempo leggiamo termini del mondo dell’enologia adoperati in riferimento ai sigari toscani. Per fare un po’ di chiarezza a noi e a voi lettori, abbiamo chiesto al nostro amico sommelier Mirko Pastorelli di approfondire l’argomento.
In enologia i termini Cru, Grand Cru, Cuvée e Grand Cuvée hanno un significato ben preciso e codificato. Per poterlo comprendere è necessaria una piccola premessa: partiamo dunque dal concetto di “Terroir”.
Questo termine cominciò a essere usato in Francia nel 1850, quando a Bordeaux lo Stato riconobbe cinque zone e le definì “Terroir Superieur”: la particolarità di quelle zone elette non era solo di natura chimico-fisica ma anche di qualità della produzione. Era un concetto legato alla microbiologia di quella determinata vigna che denotava il profondo rapporto tra la pianta e il suolo. Essendo una parola francese di difficile traduzione a livello globale, si decise di utilizzarla in innumerevoli contesti: per “Terroir” si intende la congiunzione di specifiche condizioni in una zona, in un particolare vigneto, tra il luogo (inteso come combinazione di suolo, sottosuolo e clima) e le consuetudini artigianali, talmente radicate da divenire “territoriali”. Si può dire quindi che il Terroir definisce la territorialità, ovvero l’appartenenza di un prodotto, di una sensazione o di una scelta produttiva a un contesto particolare. Va da sé che il concetto si può estendere a qualsiasi prodotto della terra, tabacco compreso (nel corso di degustazione Italian Tobacco Academy è un argomento ben approfondito nella terza lezione).
Veniamo ora al termine “Cru” che identifica un vigneto, o una particolare posizione di vigneto, in una zona geografica ben delimitata in grado di produrre vini caratteristici. Sono quattro le regioni francesi che utilizzano nei disciplinari di produzione sistemi di classificazione basati sui Cru: Alsazia, Bordeaux, Borgogna e Champagne. È bene precisare che ognuna di queste regioni ha un proprio sistema di classificazione che si differenzia dagli altri, di conseguenza è impossibile generalizzare il significato di un determinato termine.
In Alsazia il sistema di classificazione prevede che le categorie di vini superiori si differenzino per singolo vigneto. Si utilizza una sola menzione, Grand Cru, ed è riservata a 51 vigneti.
Nella regione di Bordeaux non c’è un sistema omogeneo di classificazione, ma, a differenza di altre zone vinicole, le denominazioni prendono il nome degli Châteaux (aziende) in cui il vino viene prodotto. Il primo sistema di classificazione risale al 1855 e si riferisce esclusivamente ai vini del Médoc. Il sistema si basa sui Grands Crus Classés, suddivisi in categorie dalla prima alla quinta in ordine di importanza: Premiers Grands Crus Classés (5 Châteaux), Deuxième Grands Crus Classés (14 Châteaux), Troisième Grands Crus Classés (14 Châteaux), Quatrième Grands Crus Classés (10 Châteaux), Cinquième Grands Crus Classés (19 Châteaux).
La seconda classificazione risale anch’essa al 1855 e comprende le zone del Sauternes e Barsac. È suddivisa in Premier Cru Supérieur (1 Châteaux), Premiers Cru (11 Châteaux), Deuxièmes Cru (15 Châteaux).
La terza classificazione è quella di Saint-Émilion, creata nel 1955. La categoria più alta è il Premiers Grands Crus Classés, ulteriormente suddivisa in due gruppi, “A” e “B”, seguita da Grands Crus Classés. Questa classificazione è aggiornata ogni dieci anni: Premiers Grands Crus Classés A (4 Châteaux), Premiers Grands Crus Classés B (14 Châteaux), Grands Crus Classés (64 Châteaux).
L’ultima classificazione è quella di Graves, creata nel 1959. Si suddividono i vini rossi da quelli bianchi, di conseguenza alcuni Châteaux compaiono solo in una tipologia e altri in entrambe. La menzione è unica, Grand Cru Classé de Graves. Questa classificazione non è mai stata rivista dall’epoca della creazione: Rossi (13 Châteaux), Bianchi (9 Châteaux).
In Borgogna il sistema di classificazione prevede che le categorie di vini superiori si differenzino per singolo vigneto (Climat o Lieux-Dits). La menzione Premier Cru, è riservata attualmente a 562 vigneti: il nome del vigneto viene riportato nell’etichetta subito dopo il nome del villaggio di appartenenza. La categoria più alta è il Grand Cru, riservata ad oggi ad appena 33 vigneti. Per i Grand Cru in etichetta viene riportato solo il nome del vigneto.
La regione della Champagne è stata classificata nel 1911 in base al cosiddetto “Echelle des Crus” (Scala dei Cru): al contrario delle altre zone vitivinicole della Francia, tale categorizzazione non risulta riservata ai singoli vigneti bensì all’intero villaggio. I villaggi dello Champagne classificati come Cru sono 319: Grand Cru (17 villaggi), Premier Cru (42 villaggi), Cru (260 villaggi).
Veniamo ora ai Cuvée. Lo Champagne nasce da un assemblaggio di vini diversi, ottenuti dai vitigni ammessi da disciplinare e da vari vigneti: questo assemblaggio prende il nome di Cuvée. La Cuvée può essere ottenuta da vini elaborati da uve della stessa vendemmia, per conservare l’espressività di un’annata rimarchevole, oppure contenere una quota di vini delle vendemmie precedenti. In Champagne, per Cuvée si intende anche la prima fase di pressatura dell’uva, pari a 20,50 ettolitri da disciplinare. La pressatura è il procedimento attraverso cui le uve, dopo la spremitura, vengono schiacciate con una pressa, separando la parte liquida (mosto) da quella solida dell’acino (vinacce). Questa prima parte nobile, ricca di zucchero, acidi tartarico e malico e precursori aromatici, conferisce ai vini finezza e una certa attitudine all’invecchiamento.
Per Grand Cuvée si intende l’assemblaggio di vini diversi di grande qualità della stessa annata, del medesimo Cru o della stessa origine con vini di riserva messi da parte in fortunate annate differenti.
Chiariti i concetti di Terroir, di Cru, di Cuvée e delle varie nomenclature che vengono adottate in Francia si può dedurre che questi termini possono essere utilizzati non solo in enologia, ma anche nell’olicultura e nella tabacchicoltura. Ciò che è importante, laddove non sia possibile inserirli in un disciplinare di produzione, è creare una sorta di dizionario per far comprendere il valore aggiunto di un determinato prodotto.
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