Se fumate da un po’, non necessariamente da decenni, certamente vi siete imbattuti almeno una volta nei discorsi di qualcuno che, tra una boccata e l’altra, si lamenta di come vanno le cose oggigiorno visto che “i toscani una volta erano meglio”. Talvolta a dirlo è un vecchio trombone sfiatato che mastica lo stesso sigaro da quarant’anni, lamentandosene da trenta, altre volte un ragazzino che ha iniziato domani, ma ha letto tutto quanto è stato scritto sull’argomento – come un quindicenne arrapato che studia il Kamasutra, senza passare alla pratica. Nel migliore dei casi, il latore di questo messaggio di sconforto ha una visione limitata della faccenda, nel senso che generalizza ingenuamente una sua legittima impressione soggettiva, senza particolari velleità. Ci sono anche altri tipi umani, specialmente sul web, ma direi che gli esempi possono bastare…
Il problema è che per sancire il declino di un’intera classe merceologica, giacché i toscani oggi sono decine e di marche diverse, occorre una visione d’insieme che in pochi hanno. Basti pensare che, per scrivere Rivista dei Sigari Nazionali, abbiamo dovuto fumare per circa un anno svariati esemplari di ciascuno e vi garantisco che non è così semplice, né veloce. Oltre a una visione d’insieme, occorrerebbe poi anche un preciso metodo di lavoro e di valutazione, nonché una prospettiva ben formata e consapevole. Non è che uno si sveglia la mattina e di colpo l’intera produzione nazionale è cambiata perché il giorno prima ha mangiato la bagna càuda.
Questo blaterare di decadenza non solo è privo di fondamento, ma non ha alcun senso. Chi generalizza in questo modo semplicemente non conosce il mondo del tabacco e non ha idea di quanto sia vasto, di quante variabili ci siano in gioco. Non è manco una novità…
“Una volta era meglio” è solo un modo di dire, un luogo comune come “tutta la sanità italiana fa schifo”, “i corrieri perdono i pacchi”, “quando c’era lui ci deportavano in orario” (cit.) e roba così. Chiacchiere da sala d’attesa o da ascensore, null’altro, giacché lamentarsi generalizzando è un grande classico, quasi come “non ci sono più le mezze stagioni”. Oltretutto, fino a una ventina di anni fa, lamentarsi dei toscani equivaleva a lamentarsi dello Stato, giacché erano un prodotto statale a tutti gli effetti.
Più di una volta, però, il sottoscritto ha parlato, riferendosi a questo periodo, di “Rinascimento dei sigari toscani” e non è forse anche questa una generalizzazione?
No, perché non è un giudizio di valore sui prodotti, bensì una riflessione su questo momento storico. Il Rinascimento è stato un periodo di recupero delle tradizioni classiche e di contemporaneo rinnovamento nel campo dell’arte, della letteratura, della musica, della cultura, ecc. Ebbene, è esattamente quel che sta accadendo, da qualche anno a questa parte, nel panorama liberalizzato dei nostri sigari nazionali. Sono state aperte nuove strade, alcune promettenti altre meno, sono state recuperate vecchie tradizioni, alcune volte bene, altre volte meno, ci sono state sperimentazioni e molto altro. Alcune referenze sono peggiorate, è vero, ma è successo dieci anni fa. Buongiorno principessa, dormito bene?
Per un amante dei toscani, questo è il momento più stimolante degli ultimi cinquant’anni e tutti gli operatori coinvolti, nessuno escluso, giocano una parte importante in un processo epocale. Oggi ci sono toscani per tutti i gusti, anche estremamente diversi tra loro, ed è impossibile metterli in un calderone tutti assieme, stroncandoli o promuovendoli tutti assieme.
Se non vi rendete conto di questo, vedete tutto nero e non vi godete le fumate prendete in considerazione l’idea di passare alla sigaretta elettronica. È del tutto inutile che continuiate coi toscani controvoglia, oltretutto rodendovi il fegato.