Il Sidro è un prodotto della fermentazione del succo di mela, raramente mele da tavola.
La sua origine viene fatta risalire ai Celti, stanziati nel Nord Europa. Vi è anche un sidro prodotto parzialmente o totalmente con le pere: è la Poirè, tipica della Normandia, destinato anche alla produzione del Calvados Domfrontaise, che viene miscelata al succo di mele.
In Italia la produzione del sidro, dopo aver incontrato due “ostacoli” molto importanti come la eccellentissima produzione vitivinicola del nostro territorio e le leggi autarchiche del ventennio fascista, che sovratassava i prodotti sotto i 7 gradi alcolici, non trovò terreno molto fertile e si concentrò solo al Piemonte ed al Trentino.
Attualmente il sidro lo possiamo trovare in Francia, precisamente nella Bretagna, Spagna (Paesi Baschi), Germania, Inghilterra e Finlandia. Una delle prime testimonianze del sidro arrivano dalle Asturias, vicino ai Paesi Baschi. Bere sidro in queste due regioni è un rito che li ricollega alla loro discendenza celtica. Usanza è di lasciare un po’ di gocce nel bicchiere e versarle con gesto deciso in terra, come a voler restituire alla terra una parte di quello che le è stato tolto.
I primi scritti che parlano del sidro risalgono al 790 d.C., ma nelle Georgiche di Virgilio, si può trovare un passo che parla di produzione e trasporto del sidro, anche se la sua diffusione in epoca romana sarà marginale, non importante né storicamente documentata come quella enologica dell’epoca. I Baschi, popolo di marinai e naviganti, diffusero il sidro, all’epoca chiamato Sagardoa, in Francia, nella zona della Senna ed in seguito in Bretagna e Normandia. Anche se, storicamente, queste due regioni della Francia sono a netta produzione vitivinicola, una grossa gelata nell’Alto Medioevo ha portato alla distruzione di tutto il patrimonio ampelografico, portando a reimpiantare meli, più resistenti alle avverse condizioni climatiche. Dal nord della Francia fece il salto della Manica, per arrivare alle importanti produzioni del Sussex e della Cornovaglia. Il sidro venne creato in aree a forte coltura di mele, dove bisognava lavorare l’intero raccolto, senza inutili sprechi di prodotto e conseguentemente di soldi.
Oggi, per la produzione, vengono utilizzate mele non da mensa o che non sono del giusto calibro per essere vendute al mercato.
In Piemonte si utilizzavano piccole mele verdi che venivano da piante usate per dividere i confini dei campi e che fungevano anche da frangivento. Nel Monferrato, dispregiativamente, si chiamava Vin ad Pum, vinello dolce di scarso nerbo ed alcolicità, mentre i produttori disonesti, in passato, addizionavano il succo di mela al mosto di vino per aumentare la produzione e aggiungere sentori fruttati alle annate sfortunate.
Le mele destinate al sidro vengono spolpate, private di semi e bucce e torchiate velocemente, per evitare ossidazioni e fermentazioni spontanee. Possono essere usati torchi in acciaio o quelli in legno, interponendo tra uno strato e l’altro di mele sacchi di juta o paglia. Poi si passa a travasare il torbido fino a renderlo limpido per sedimentazione. Viene fatto fermentare in tini di acciaio, con lieviti selezionati, per un periodo che va da poche settimane a due mesi, a seconda della scelta del produttore. Il fermentato viene ulteriormente chiarificato per sedimentazione, per eliminare i lieviti esausti, e poi imbottigliato in vetro scuro per evitare che la luce del sole determini cambiamenti cromatici o organolettici.
Cenni per la degustazione
Alla vista: limpido, perlage fino e persistente.
Al naso: sentori fruttati, richiamo ai profumi della mela abbastanza intensi.
In bocca: fresco, secco, naturalmente frizzante, fruttato, con una lieve acidità tipica del sidro.
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