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Ermanno Tunesi ha strappato dal macero antiche scatole, cerini tagliati a mano, bozzetti per le illustrazioni

I fiammiferi oggi sono sempre meno utilizzati. E le scatolette in commercio hanno un design anonimo. Ma non sempre è stato così. Un tempo erano impreziosite da illustrazioni che le rendevano così originali, da aver creato una moda: quella della fillumenia, la collezione, appunto, delle scatole di fiammiferi. Scene di vita nobiliare, sostegno all’esercito in guerra, pubblicità di vari prodotti. Queste e altri temi, dalla fine dell’Ottocento e fino agli anni Ottanta, hanno ornato le scatole di fiammiferi. E accanto ai cerini e ai minerva esistevano anche i candelotti, i controvento, i fiammiferi a strappo.

L’archivio Saffa

Nella storia dei fiammiferi, l’industria italiana ha scritto un capitolo importante. Fino a 10 anni fa, a Magenta, nel Milanese, esisteva infatti una delle fabbriche più importanti d’Italia e d’Europa: la Saffa (Società per Azioni Fabriche Riunite Fiammiferi). Fondata nel 1871, arrivò a esportare i cerini in ventitré nazioni e a produrre anche una linea di mobili disegnata da Giò Ponti e una collezione di accendini per Cartier. A dirigerla, per molti anni, fu l’ingegner Pietro Molla, recentemente scomparso e divenuto famoso nel mondo per essere stato il marito di una santa: sua moglie Gianna Beretta era stata canonizzata da Giovanni Paolo II nel 2004.

Una storia al macero

Nel 2001, dopo 130 anni, anche l’ultima fabbrica di fiammiferi rimasta sull’area ex Saffa, ha cessato l’attività. Le scatole più antiche, le pietre litografiche, i fiammiferi tagliati e colorati a mano uno per uno, i bozzetti dipinti a mano per le illustrazioni, i progetti per i mobili: inspiegabilmente, gran parte di questo materiale era finito al macero già prima del 2001. Fortunatamente, però, non tutto è andato perduto. E se oggi esiste ancora una testimonianza della produzione, il merito è di un ex operaio della Saffa, Ermanno Tunesi. Grazie a un’intesa con l’ingegner Molla, Tunesi, presidente per anni dell’associazione storica “La Piarda” di Boffalora sopra Ticino, è riuscito a salvare dalla distruzione centinaia di pezzi storici della produzione della Saffa. Oggi li custodisce, con la speranza – fra qualche anno e con l’aiuto delle istituzioni – di sistemarli in locali idonei per aprirlo al pubblico. Corriere.it ha potuto visitare in anteprima questo archivio. Ne è nata la gallery di fotografie che vi proponiamo. Ermanno Tunesi, insieme ad altri soci, ha dato vita anche a un club fillumenico. Chi fosse interessato può contattare il numero 02.97.29.93.43.

Fonte: Corriere della Sera

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Una scatola di fiammiferi prodotta dallo stabilimento Saffa di Magenta attorno al 1890. All’epoca le scatole raffiguravano spesso scene di vita familiare. In questa si vede un bambino pronto per fare il bagnetto. I fiammiferi, di uso domestico e detti all’epoca “uso camera”, erano tagliati e colorati a mano uno per uno. L’incisione di questi disegni era fatta con quattro pietre litografiche, ognuna delle quali fissava un colore diverso sull’illustrazione (Foto: Fagnani. Archivio Tunesi)
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Risale ai primi anni del 1900 questa scatola di “candelotti”, fiammiferi che erano in realtà candele in miniatura. La scatola mostra lo stabilimento della Saffa in tutta la sua grandezza: arrivò a coprire 150 mila metri quadrati. Negli anni Quaranta e in seguito, la fabbrica arrivò a impiegare 4mila operai e a produrre, nel 1942, anche una linea di mobili disegnata da Giò Ponti, e una linea di accendini per Cartier (Foto: Fagnani. Archivio Tunesi)
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Una scatola di “candelotti” o “bugies de poche”: più che dei fiammiferi, vere e proprie candele in miniatura. A fine Ottocento esistevano vari tipi di fiammiferi: alcuni erano grossi e colorati, altri invece molto piccoli (Foto: Fagnani. Archivio Tunesi)
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Cinque scatole di una linea di fiammiferi, prodotta dalla Saffa a inizio secolo. Le illustrazioni erano eleganti e riproducevano scene di vita nobiliare, oppure paesaggi esotici. I fiammiferi hanno l’asta molto sottile (Foto: Fagnani. Archivio Tunesi)
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Un piccolo campionario dei modelli di fiammiferi che furono prodotti dalla Saffa dal 1890 fino agli anni Trenta. Le dimensioni variano, così come i materiali (la cera o diversi tipi di legno) e i colori (Foto: Fagnani. Archivio Tunesi)
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I fiammiferi della Saffa venivano esportati in 23 nazioni, tra cui Gran Bretagna, America del Sud, Francia, Stati Uniti e nelle colonie. Ad Asmara esisteva uno stabilimento. Per questo sulle scatole la descrizione del prodotto era scritta in varie lingue (Foto: Fagnani. Archivio Tunesi)
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Negli anni Trenta nascono i fiammiferi a strappo, che si accendono quando vengono estratti dalla confezione. Quelli della Saffa, come si vede nell’immagine, si accendono tuttora (Foto: Fagnani. Archivio Tunesi)
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Una scatola di fiammiferi controvento, che riescono, appunto, a restare accesi anche in condizioni climatiche avverse. Esistono tuttora. La Saffa li produceva a inizio Novecento (Foto: Fagnani. Archivio Tunesi)
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Negli anni Quaranta sulle scatole dei fiammiferi Saffa cominciano ad apparire le pubblicità, sarà un cambiamento epocale: le eleganti illustrazioni cedono il passo agli slogan (Foto: Fagnani. Archivio Tunesi)
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Durante la seconda guerra mondiale anche le scatole di fiammiferi diventano veicolo di propaganda: con queste si esorta a non diffondere notizie e a arruolarsi (Foto: Fagnani. Archivio Tunesi)
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Il bozzetto dipinto a mano di una grande confezione di fiammiferi realizzata in edizione limitata per le Olimpiadi del 1960 (Foto: Fagnani. Archivio Tunesi)
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Negli anni Quaranta, oltre ai fiammiferi, la Saffa realizzò una linea di accendini per Cartier e altri marchi di accessori. Giò Ponti disegnò invece una linea di mobili per la fabbrica di Magenta, che produceva anche saponi, fosforo, diserbanti e poi vernici, ghiacciaie, casse per uso militare. Fu sempre la Saffa a brevettare nel 1945 i primi mobili da ufficio componibili (Foto: Fagnani. Archivio Tunesi)
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Anni Settanta: il design inconfondibile spicca sulle scatole dei fiammiferi Saffa. Negli anni record 1973-74 furono prodotti 45 miliardi di fiammiferi. Di lì a poco, però, i tempi cambieranno, per la concorrenza (anche in questo caso cinese) e il calo delle vendite. L’ultimo stabilimento di fiammiferi sull’area ex Saffa ha chiuso nel 2002 dopo 131 anni: la Saffa era stata fondata nel 1871 (Foto: Archivio Tunesi)
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Primi anni ’60. Operaie addette alla cernita e all’impacchettatura dei fiammiferi piatti “Minerva”, ottenuti con lo “sfoliato” di tronchi di pioppo. Negli anni ’80 furono inventate le macchine “impaccatrici” (Foto: Archivio Tunesi)
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Dal pezzo di legno alla scatola di fiammiferi, la storia dei Minerva (Foto: Archivio Tunesi)
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Un’immagine delle imponenti macchine della linea di produzione all’interno dello stabilimento Saffa di Magenta. Sui rulli spiccano le migliaia di fiammiferi. Con un solo tronco d’albero se ne ottengono in media 60mila (Foto: Archivio Tunesi)