Dal poker e dall’araldica, tante le immagini riprodotte, fino alla purezza delle linee e del colore
In genere, un giro di poker non si consuma mai senza un bicchiere di whisky e una sigaretta tra le labbra. Il cinema insegna, con le innumerevoli scene passate sugli schermi, di tavoli da gioco quasi sempre in penombra e “offuscati” dalle azzurognole spirali di fumo.
L’associazione tra fumo e gioco, nella sua totale semplicità, è sempre stata considerata vincente dai produttori di sigarette di tutto il mondo; e nello stesso tempo è stata valutata più che rispondente, l’iconografia classica dei diversi stili di gioco, da usare come logo nei pacchetti di “bionde”. Figure, colori, simboli e segni, dunque, sono stati riproposti quasi sempre senza alcun adattamento particolare, ma con effetti estremamente efficaci, così come i nomi delle marche, che non si discostano mai dalla pura didascalia del gioco, rafforzando la monodirezionalità del messaggio.
Carte in fumo
Manco a dirlo, le carte sono state una grande fonte di ispirazione, e il gioco del poker in particolare. Ad esso si richiamano l’omonimo pacchetto paraguaiano con la riproduzione della scala reale, le “Four Aces” tanzaniane, l’americano e più originale “All Jacks” e la più stilizzata confezione inglese delle “Double Ace”. Ancora un altro gioco di carte ha ispirato i disegnatori, ed è la canasta, molto di moda tra le signore degli anni Cinquanta. Niente che indulge ad una maggiore delicatezza, comunque, nelle “Sigarette Canasta”, la cui grafica rimane molto geometrica. Curiose, non fosse altro che per il passatempo scelto, le “Domino” delle Isole Mauritius, un pacchetto di notevole modernità grafica, mentre è decisamente virile il riferimento al tiro a segno delle inglesi “Darts” che propone fedelmente il bersaglio delle popolarissime “freccette”, immancabili in quasi tutti i pub d’oltremanica. Le atmosfere si fanno più rarefatte e allusive quando il nome di marca riprende il tema “Casino”, il luogo deputato ai fasti e alle sfrenatezze dei veri viveur. Una simbologia semplice e popolare, quasi un tentativo di esotismo al contrario, se si pensa che i pacchetti provengono dalle Filippine e da Malta.
Stemmi e corone per sigarette “nobili”
Se il gioco nel suo abbinamento con il fumo è stato, come abbiamo visto, una musa non troppo originale per la fantasia dei disegnatori, una fonte che, altrettanto naturalmente, ha risposto al concetto secondo il quale una delle funzioni del logo è quella di “nobilitare” il prodotto, è stata l’araldica.
Osservando alcuni pacchetti di sigarette, si ha la sensazione che questa indicazione sia stata presa fin troppo alla lettera: la presenza quasi ossessiva di stemmi, spade, grifoni, leoni rampanti, medaglie e corone sembra destinare questi prodotti soltanto ad una ristrettissima élite di blasonati fumatori. Sembra, appunto: perché l’appeal di un pacchetto elegante e aristocratico, sicuramente distintivo, ha fatto breccia su gran parte dei consumatori. Anzi, della scatola, come si presentavano le italiane “Savoia” e “Rodi” e le inglesi “Abdulla” e “Army Club”. Sigarette quasi “imperiali” per la ricchezza della iconografia della confezione, le austriache “Belvedere”: lo stemma riprodotto, infatti, sintetizza tutti i principali segni della nobiltà, gigli, leoni, croci, scudo e, immancabile, la corona. Ora, prendendo in prestito, in maniera un po’ irriverente, dei termini dal mondo dell’arte, potremmo davvero scrivere “dal barocco al minimalismo”; e parlare del “movimento dei senza figure”. Rappresentare un significato utilizzando soltanto scritte ed elementi decorativi senza ricorrere a figure o immagini riconoscibili, è sempre stata un’affermazione di virtuosismo da parte delle tradizioni grafiche più evolute. La grafica, diventa un mondo di rappresentazione a sé stante, con regole proprie e professionisti specializzati, a partire dal secondo dopoguerra, soprattutto con l’esplosione della pubblicità.
Linee e colore per i pacchetti “d’avanguardia”
Confezioni prive di immagini non vengono più indicate come un prodotto “povero” ma, al contrario, intese in questa loro semplicità, sembrano esprimere al meglio lo stile sintetico e aggressivo della modernità. Anche l’immagine dei pacchetti di sigarette risente di questa svolta, pacchetti che si presentano essenziali nelle linee e insistono nel colore, come le spagnole “Sombra” o le australiane “Brandon”. Nel gioco lineare della grafica è spesso il fondo ad assumere una grande importanza, con l’uso di superfici variamente lavorate e magari la marca in rilievo. Ed è proprio il cosiddetto “lettering”, la marca appunto, a diventare l’elemento chiave delle soluzioni grafiche, rielaborata, stilizzata, reinterpretata nei modi più disparati: ne è un esempio il pacchetto delle “Lucky Strike” prima versione, in cui il valore dominante del logo viene enfatizzato dalla collocazione al centro di un bersaglio e sottolineato dall’effetto “cinemascope” della scritta “cigarettes”. La fantasia e il gusto dei disegnatori si sbizzarriscono, quindi, con i caratteri e il loro trasformismo, dallo stile sobrio adottato per le inglesi “Benson & Hedges” al corsivo un po’ ostentato delle svizzere “Davidoff”, le russe “Vidit” e le tedesche “Dimitrino”. Un tono vagamente ottocentesco può essere riscontrato nelle spagnole “Ducados”; classicissime le “Pall Mall”, più aristocratico il “lettering” di “Chesterfield”, “Delicados”, “Sullivans” e “Partagas”. Tanti modi per richiamare su di sé l’attenzione per più di un secolo.
Fonte: TuttoTabacco