Efficace contenitore di sostanze nocive oggi quasi in disuso, ha un passato da accessorio di moda.
E la dignità di un prestigioso oggetto da collezione.
Seconda metà dell’Ottocento, un salotto parigino ricco e alla moda. Uomini e donne dell’alta società della ville lumière conversano piacevolmente, sorseggiando cognac sulle note della musica di Claude Debussy. Scena simile nella Londra dandy, snob e antivittoriana di Oscar Wilde, dove l’unica diversità rispetto ai viveurs d’oltremanica è data da un bel bicchiere di porto della migliore qualità: perché è abitudine comune anche quella di “avvolgere” e “nascondere” discussioni d’affari e intriganti pettegolezzi in una nuvola di fumo.
Scene facili e consuete per la nostra fantasia, allenata all’iconografia classica che si ripete nella letteratura e nella pittura di quel secolo. Quadri di squisita eleganza che non lasciano spazio all’idea di comportamenti “sconvenienti”, in particolar modo per le signore: come per esempio quella di sputare le tracce di tabacco di sigaretta rimaste appoggiate sulle labbra, un’azione assolutamente inaccettabile per il galateo più raffinato.
All’epoca, quando per le donne il fumo era sinonimo di emancipazione e di tendenza, le sigarette non avevano ancora il filtro e, come tali, oltre ad avere il difetto di essere molto forti, perdevano facilmente tabacco, con le immaginabili spiacevoli conseguenze perché non soltanto gli antipaticissimi pezzettini di trinciato (che non era –e non è- consigliabile inghiottire per i problemi diretti che può provocare allo stomaco) si insinuano in bocca, ma provocano “pizzicore” alla lingua e lasciano un sapore sgradevole. Senza contare che la carta di cui è avvolto il tabacco, tende ad incollarsi alle labbra. E che dire poi delle preziose stoffe dei guanti? Ci voleva davvero poco a sporcarle, quando non a rovinarle bruciandole. Un disastro, insomma, per quelle dame ma, di sicuro, sensazioni poco piacevoli anche per i signori.
L’idea di una sorta di “protesi” che permettesse di evitare tutti questi disagi tenendo lontana dalla bocca la sigaretta, fu quasi contemporanea al primo diffondersi di quest’ultima: scoprirne la classe, e la raffinatezza che aggiungeva alla gestualità che si accompagna al fumare, fu la fortuna di un articolo pensato fondamentalmente per utilità.
Nasceva così il bocchino, accessorio ormai in via di estinzione e destinato quasi esclusivamente al collezionismo, anche questo piuttosto raro. Se oggi è quasi improbabile incontrare persone che gustino le proprie sigarette inserite in quelle esili cannule (per quanto rimanga intatto il fascino dell’Angelo Azzurro, e datato Novecento, che immortalò Marlene Dietrich come simbolo della sensualità femminile perversa e irresistibile), all’epoca si diffuse in maniera sempre maggiore, soprattutto (ovviamente) tra le classi più abbienti e danarose. Da allora, e per molti decenni, il bocchino è stato un articolo di lusso e costosissimo, una sorta di “status symbol” che insieme agli abiti indossati, ai gioielli, agli orologi, veniva sfoggiato in pubblico come indicatore della propria condizione sociale o di ricchezza. Il mercato li offriva di diverse misure (più lunghi erano quelli considerati “femminili”) in bachelite, ambra, argento, avorio e persino oro, e il nobile metallo era impiegato anche per impreziosire i vari materiali con il cosiddetto “cartiglio” sul quale incidere le proprie iniziali. Per i più esigenti, poi, alcuni bocchini erano corredati di speciali contenitori rigidi che ne impedivano la rottura accidentale. Ma anche chi non poteva permettersi l’acquisto di un bocchino in gioielleria aveva spesso la possibilità di procurarsene uno semplice e più economico, o addirittura quella di costruirselo da solo ricavandolo, per esempio, da qualche ossicino, oppure dal legno, dalla terracotta o dalla canna: nessuna forma di esibizionismo, in questo caso, ma solamente lo scopo di poter fumare la sigaretta proprio fino all’ultimo.
Ma i vantaggi sopra descritti non furono i soli a rendere i bocchini accessori quasi indispensabili e molto apprezzati. Questi, infatti, permettevano di tenere il fumo della brace della sigaretta lontano dagli occhi evitando lacrimazioni e spiacevoli bruciori, impedivano l’ingiallirsi della parte esterna dei denti che non erano più, grazie alla cannula che poggia all’interno della bocca, il primo e più diretto “deposito” dei residui, e faceva sì che anche le dita non fossero sciupate dalle macchie inconfondibili lasciate dal fumo.
Inizialmente i bocchini erano composti a un unico pezzo: da una parte, presentava un foro largo abbastanza a contenere uno dei due estremi della sigaretta e dall’altra era sagomato in modo da poter essere facilmente inserito tra le labbra semichiuse e trattenuto tra i denti. La parte iniziale e finale erano collegate all’interno da un foro passante, lungo quanto la cannula, che assicurava il tiraggio del fumo.
Con il passare dei decenni, alle funzioni per lo più estetiche svolte da questi oggetti singolari, se ne aggiunsero altre che l’avanzare della tecnologia avrebbe caratterizzato come soluzioni in grado di limitare gli effetti negativi del fumo sulla salute. Si scoprì così che se il fumo, prima di arrivare alla bocca, fosse stato fatto passare attraverso determinate sostanze, avrebbe perso molte delle particelle incombuste (catrame, nicotina, gas nocivi, la cui quantità era assai notevole nelle “vecchie” sigarette) e limitato, pertanto, nel tempo eventuali danni di natura patologica. Insomma, al bocchino si aggiungeva il filtro.
Ma i bocchini con filtro non ebbero un successo immediato: molti fumatori non gradivano che qualche cosa potesse modificare il gusto del fumo aspirato. Inoltre, la presenza del filtro costringeva ad una sua periodica sostituzione ed i ricambi, alle volte, non erano di facile reperimento. Per di più, le cannule dovevano necessariamente essere scomponibili in due parti per permetterne la pulizia interna e la sostituzione del filtro stesso, perciò, se si trattava di fabbricarle con materiali pregiati, il loro costo aumentava notevolmente, non fosse altro che per la filettatura necessaria a “cucire” gli elementi. Tuttavia, lentamente ma continuativamente, con il passare del tempo sempre più fumatori sentirono il bisogno di “alleggerire” la loro sigaretta preferita. E quando l’avvento delle sostanze plastiche consentì di ribassarne i prezzi e di produrne e distribuirne in gran quantità, i bocchini con filtro conobbero il loro “momento d’oro”.
Il filtraggio meccanico (per cui l’azione esercitata sul fumo si basa esclusivamente su principi fisici) così come quello chimico (in cui il fumo viene fatto passare attraverso sostanze particolari che assorbono parte delle molecole del fumo stesso) sono i due sistemi che consentono di ostacolare in maniera determinante il passaggio all’organismo di tutti quelle sostanze nocive (catrame, nicotina, monossido di carbonio, benzopirene), pericolose per la salute del fumatore.
Certo, l’avvento delle sigarette con filtro incorporato ha sacrificato quel “non so che” di raffinato e un po’ snob che si accompagna all’uso del bocchino, alla praticità e alla velocità d’uso, purtroppo (oseremmo dire) ben più rispondente alla “nevrosi” dei nostri tempi. Chissà, però, che non meriti di essere riconsiderato, vuoi per il suo lato “estetico”, vuoi per la sua indiscutibile utilità.
Così, persa in qualche modo la loro popolarità, i bocchini hanno però mantenuto una certa “dignità” come oggetti da collezionismo. Non è troppo insolito trovarne degli esemplari tra i banchi dei mercatini dell’antiquariato, soprattutto inglesi e francesi, o persino su internet. I più “preziosi”, quelli più antichi, senza filtro e magari corredati dal loro astuccio originale.
“Esiste certamente un mercato di questo accessorio per fumatori, anche se il collezionismo vero e proprio non mi risulta essere troppo diffuso. Il bocchino è visto come pezzo d’antiquariato da esporre insieme ad altri oggetti d’epoca in qualche bacheca, più che come oggetto di raccolta specifica in gran numero di esemplari”. A spiegare le caratteristiche di questa “passione” è Fernando Casanova, uno dei maggiori collezionisti italiani di questi particolarissimi accessori. “Possiamo trovarlo in molti negozi di antiquariato, frammisto a spille, orologi, soprammobili, piccoli oggetti vari, – continua il signor Casanova – ma difficilmente lo troveremo isolato come categoria a parte ed anche dal compratore viene di solito esposto nella propria casa insieme ad altre categorie di oggetti antichi”.
Quella di Fernando Casanova è una collezione particolarmente ricca, composta da bocchini di epoche e fogge diverse, ognuno “con un fascino tutto suo e diverso dagli altri”, come precisa il signor Casanova. “Sono affezionato ad un particolare tipo di bocchini, quelli costruiti in radica con il boccaglio in bachelite. Ricordano molto la pipa classica, li ritengo i più adatti per un uomo (senza ovviamente disprezzare gli altri tipi) e mi sembra anche che dal punto di vista estetico si sposino molto bene con la sigaretta, sia con filtro che senza”.
Ma, trascurato ormai da tempo, non c’è proprio più alcun futuro per questo elegante accessorio? “Penso che l’uso di un bocchino, sia un po’ come bere da un bicchiere anziché direttamente dalla bottiglia o mangiare con le posate anziché con le mani”, ci spiega Casanova. “Per esempio, ritengo che l’immagine che può dare il fumatore che utilizza un bocchino sia sicuramente in genere più raffinata: perché è quella di una persona che trae dal fumo un piacere personale e non l’impressione di qualcuno che soddisfa soltanto una necessità dovuta a dipendenza dal fumo, aspirando boccate nervose direttamente dalla sigaretta”. Parola di fumatore. E forse, perché no, dati i tanti limiti attuali, un bel bocchino potrebbe aiutare a recuperare, nell’immaginario collettivo dei non-fumatori, l’idea della sigaretta come piacere personale e non come pessimo segnale di dipendenza solo nociva.